Recensione: Odd Senses
Quando si dice esagerare. Gli americani Psyopus sono noti al pubblico soprattutto dall’album precedente, uscito già su Metal Blade, Our Puzzling Encounters Considered; si trattava di un’estremizzazione ossessiva del mathcore stile The Dillinger Escape Plan, con la componente prog/tecnica a superare anche il buonsenso, inteso come forma-canzone riconoscibile, e una schizofrenia che faceva impallidire le decerebrazioni di gente come i Cephalic Carnage. Ovvio che, sull’onda dei commenti positivi (ed evidentemente delle vendite) di quel disco, la band di Rochester, NY, decida di tornare sulle stesse coordinate, esasperando ancor di più i propri pezzi.
Odd Senses è una gara, un voler dimostrare a tutti i costi di poter scrivere brani al limite dell’assurdo e di essere in grado di suonarli: alcuni filmati live presenti sulla rete sono eloquenti, ma come già successo in passato (i pur buoni BrainDrill nel lato brutal death, ad esempio) al recensore e all’ascoltatore sorge sempre la domanda: cui prodest?
A chi giova sentire pezzi da 2/3 minuti sparati a velocità folli e dalla struttura incomprensibile? A volte tra le dissonanze di chitarra e i feedback si riconosce una melodia, costruita certo in modo inusuale (The burning halo è un buon esempio), ma risulta comunque molto difficile trovare e seguire un filo logico coerente in Odd Senses, a differenza del lievemente più “facile” predecessore.
Si va infatti da sparate para-grindcore a rallentamenti doom, da inserti prog metal à la Dream Theater a passaggi in puro DEP o Fantômas-style; e proprio la band di Mike Patton sembra essere il confronto migliore, specie a livello di attitudine, insieme ad alcune cose di John Zorn, folle artefice del jazz suonato come il grind. Passaggi come quello, davvero bello, con basso, batteria e chitarra jazz di X and y sono quasi mosche bianche, un po’ come sul predecessore lo era stato Imogen’s Puzzle Pt 2; ma poi si riparte con la schizofrenia pura (Boogeyman, Choker Chain), ed è a volte difficile proseguire l’ascolto.
Un album che vuole essere ambizioso, soprattutto per la volontà di uscire dagli schemi, costi quello che costi: ma un conto è farlo come gli Ephel Duath, un altro risultare strani e basta. Per chi già è abituato alle follie di Patton, Zorn & co., ma tenendo presente che la classe dei suddetti è tutt’altra cosa.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
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Tracklist:
1. .44 00:53
2. Medusa 03:30
3. The Burning Halo 03:59
4. Duct Tape Smile 03:33
5. X and Y 03:42
6. Boogeyman 05:34
7. Imogen’s Puzzle Pt 3 01:59
8. Choker Chain 02:49
9. Ms Shyflower 06:13
10. A Murder to Child 09:1