Recensione: Of Martyrs’s Agony And Hate

Di Fabrizio Meo - 3 Novembre 2013 - 0:01
Of Martyrs’s Agony And Hate
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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82

 

«… Bajad luego al abismo, en cuyos senos
[Scendi dopo l’abisso nei cui seni]
Blasfeman almas, y en su prisión fuerte
[Le anime imprecano e chiusi s’odono]
Hierros se escuchan siempre, y llanto eterno,
[Sempre cozzanti ferri e il pianto eterno]
Si queréis, oh memorias, por lo menos,
[O memoria, se tu volessi almeno]
Con la muerte libraros de la muerte,
[Da morte liberarti con la morte]
Y el infierno vencer con el infierno!
[E vincere l’inferno con l’inferno!]»
.
(Luis de Góngora – A la memoria de la muerte y del infierno)

Luis de Góngora y Argote erudito e illusionista della parola, fu sempre attratto dalle ignote trame della morte e dalla realtà dell’uomo, in bilico fra il tutto e il nulla. Percezione continua della labilità delle cose. Bienvenida en España! Scrigno di tesori di rara bellezza, universo folcloristico multiculturale, sacro e profano in un mosaico rituale misterico, poetico, artistico, incredibilmente fascinoso, i cerimoniali rasentano la più profonda spiritualità orientaleggiante, il flamenco congiunge anime e corpi nella rosa scarlatta stretta fra le labbra, la fuggevole leggerezza del passo sospeso della danzatrice gitana si perde in un tramonto di fuoco.

Dalla terra degli hidalgos e degli avanguardistici Wormed di “Exodromos”, ecco a voi gli Scent Of Death (un EP, “Entangled In Hate” nel 2002 e un full, “Woven In The Book Of Hate” nel 2005) con il loro, “Of Martyrs’s Agony And Hate”. Un maleficio ordito con l’estro dei sanguinari, dall’artwork blasfemo e demitizzante che colpisce il cuore della cristianità.

Si aprono le danze! E olè! Gli aguzzini iberici ci sottopongono a torture di rara maestria, concepite per testare le soglie di dolore fisico e mentale. Sinistri cigolii inscenano l’oscuro supplizio, prima che “Awakening Of The Liar” e “The Enemy Of My Enemy” ci accolgano ‘fraternamente’ esaltando l’amore viscerale per la violenza rigorosamente blast-beats, la melodia centellinata, i break pachidermici, i feroci cambi di tempo, ritenuti elementi imprescindibili dell’atto creativo e punitivo. Sérgio Afonso urla dal gorgo infernale annunciando con piacere degenere la pena dei condannati, Estévez e Taboada instaurano dialoghi logorroici imprevedibili, dardi chitarristici scoccati con precisione affondano le loro lame acuminate nel costato, interludi a colpi di frusta infieriscono sul corpo piagato e ignudo, assoli pensati ad hoc per abbeverare a gocce, alleviano ingannevolmente l’agonia del martire, fino a quando le percosse di Barros, pratico come non mai del suo congegno di vessazione, divenute oramai insopportabili, incominciano a triturare tendini e ossa. “Ego Te Provoco”, è marcia cadenzata verso la fine, si nutre di tentazioni carnali, riff che nidificano nell’orecchio per rimanervi come tormenti, così come “Feeling The Fear”, travolgente e nevrotica nel suo fluire incessante che mette a dura prova l’incrollabile fede dell’asceta. “Man Kills God Too” frenetica e roboante, intrisa di un nichilismo profetico, quasi riecheggia il Dio morto nietzschiano ucciso dall’uomo. “The Sleeper Must Awake” breve e godibile intrusione strumentale dal sapore noir, anticipa l’autocelebrazione demoniaca dei deathster galiziani, “Sear Me In A Sea Of Snakes”, inno gradito ai dispensatori di morte e agli adoratori di spire.

Gli Scent Of Death attingono immancabilmente dai soliti noti, Morbid Angel, Suffocation, Deicide, Behemoth, Dying Fetus, Decrepith Birth, Hate Eternal, Deeds Of Flesh, Vile, Severe Torture, ecc., avvalendosi di una tecnica sopra la media che non si rivela inutile sfoggio, bensì ingrediente necessario per la completezza del prodotto finale, fruibile e orecchiabile. Un trionfo dell’equilibrio tra forma e contenuto, senza vortici vuoti di riff e drumming d’accademia, poggiando su un songwriting di tutto rispetto, pregno di classiche allusioni che richiamano alla mente memorabili peccatori come gli Immolation, già traghettati da Caronte sull’altra sponda più di un ventennio fa. Bisogna dire che “Of Martyrs’s Agony And Hate”, non ha nell’originalità il suo punto di forza, rimane ancorato a stilemi e pattern riproposti, che seppur intarsiati con mestiere, risultano privi di spunti illuminanti. Il disco si eleva comunque per efficacia e concretezza, esaltato da una buonissima produzione che valorizza ogni singolo elemento. Un lavoro da far impallidire band ben più blasonate. Il death più cupo e sacrilego, egregiamente suonato, è sempre un toccasana per lo spirito. L’ideale per una gita in famiglia a Malebolge.

Tripudiate amigos! Gli Scent Of Death hanno ‘matato’ il toro!

Fabrizio Meo
 

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