Recensione: Omens

Di Matteo Pedretti - 12 Settembre 2020 - 18:50
Omens
Band: Elder
Etichetta: Stickman Records
Genere: Progressive  Stoner 
Anno: 2020
Nazione:
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85

La pubblicazione del terzo album è un passaggio cruciale nella discografia di un gruppo: per alcuni segna l’approdo al mainstream, per altri la consacrazione allo status di “band di culto”, mentre per altri ancora ha del miracoloso già solo l’esserci arrivati… “Lore” (2015), per l’appunto il terzo disco degli Elder, è fondamentale perché ha segnato il definitivo distacco dalle sonorità stoner-doom degli inizi che, benché interpretate con personalità, rimanevano ancorate al culto di Sleep, Electric Wizard e, ovviamente, Black Sabbath. A partire da “Lore” la band ha dato pieno sfogo alla propria componente psichedelica e ha incorporato una crescente quantità di elementi progressive, senza rinunciare alle tonnellate di riff che sin dagli inizi ne caratterizzano il sound. Ne è emersa una visione musicale originale, una proposta immediatamente riconoscibile che, passando per “Reflections of a Floating World” (2017), ha portato nella primavera 2020 alla pubblicazione di “Omens”, il quinto capitolo della discografia della band.

In “Omens” il suono del combo di Fairhaven (Massachusetts), ora stabilitosi a Berlino, trova un bilanciamento ottimale. Fragorosi riff downtuned, su cui si innestano le linee vocali pulite e ben riuscite di Nicholas DiSalvo (voce/chitarra), lasciano spazio a interludi onirici e cavalcate psichedeliche (Omens e Embers), il tutto caratterizzato da intricati passaggi di chitarra e numerosi cambi di tempo. In In Procession e One Light Retreating sezioni tipicamente stoner si alternano a esplorazioni prog e space rock. Halcyon, il terzo pezzo che con i suoi quasi tredici minuti è il più lungo dell’album, ne è anche una sorta di manifesto: incorpora tutti gli elementi sin’ora citati e raggiunge l’apice nella sezione centrale dove chitarre e tastiere tessono trame sognanti su ritmi di batteria ossessivi, prendendo per mano l’ascoltatore e portandolo a spasso per i lidi più ignoti del cosmo, per poi ricatapultarlo bruscamente sulla Terra con l’ingresso di un riff lento, pesante e ipersaturo. Nei cinque brani non mancano strizzate d’occhio a un certo rock alternativo (soprattutto nel cantato) – dopotutto i ragazzi hanno avuto la propria formazione musicale negli anni Novanta – e al post-rock (In Procession).

Nei 55 minuti di “Omens” non c’è spazio per riempitivi: tutto è al posto giusto e tutto è necessario agli Elder per plasmare brani vivi e in continua evoluzione. La prestazione tecnica è notevole, in particolare quella chitarristica di Nicholas DiSalvo, ma non indulge mai in dimostrazioni di abilità fini a se stesse. La produzione è pulita, semplice e lineare. I testi si confanno perfettamente alla proposta musicale: se a uno sguardo superficiale sembrano ancora incentrati su soggetti mitologici, una più attenta lettura svela come la mitologia sia ormai solo un espediente per trattare temi generalmente orientati all’introspezione e alla ricerca interiore, anche se nella title-track si può leggere una critica al decadimento della società contemporanea e una visione alquanto cupa del futuro.

“Omens” è stato realizzato da una formazione recentemente rinnovatasi per 2/4, ma che in poco tempo ha saputo trovare una grande coesione. Georg Edert ha sostituito lo storico batterista Matt Couto nel 2019 e offre una prova di abilità e solidità dietro alle pelli. Il chitarrista/tastierista Mark Risberg si è unito alla band nel 2017 in occasione del tour a supporto del precedente “Reflections of a Floating World” e il suo apporto è decisivo per garantire a Nicholas DiSalvo, ormai unico membro fondatore rimasto, una solida base su cui articolare le proprie elaborate trame di chitarra.

In ambito stoner metal/rock “Omens” è una delle produzioni migliori che questo 2020 ci ha regalato fino ad oggi ed è probabilmente destinato a occupare i primi posti della Year End List di molti appassionati del genere. Come però spesso accade per gli album di qualità, “Omens” ha tutti i numeri per essere apprezzato da una platea molto più ampia, da tutti quegli amanti del metal e del rock interessati alla sperimentazione e, soprattutto, disposti a concedere più ascolti a un disco per comprenderlo pienamente.

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