Recensione: On Evil Days
A seguito dello scioglimento dei Cancer, cult band inglese rappresentatrice nel passato di alcuni ottimi momenti targati thrash/death, il chitarrista John Walker ha raccolto, nel 2006, in quel di Madrid, gli elementi necessari (Adrian de Buitléar e Acaymo Delgado) per formare, assieme a Raquel Walker, una nuova band di taglio, quindi, europeo: i Liquid Graveyard. “On Evil Days” è il loro primo album in studio, dato alle stampe dalla My Kingdom Music il 12 ottobre dello scorso anno.
La classificazione death è un mero atto formale: la musica del quartetto è estranea a qualsiasi manovra volta al suo riconoscimento. Avantgarde, black, gothic, death – appunto – e prog sono presenti in pesi e misure diverse, sì da amalgamarsi in un composto d’indecifrabile natura. Come dichiarato da Walker stesso, l’obiettivo del progetto è proprio questo: generare un qualcosa di indefinibile, unico nel suo genere, seppur ricompreso nello sterminato universo metal. E “On Evil Days” incarna, come da intenti, la creazione voluta. Per dare un’idea forse più definita di quanto appena scritto, l’avantgarde sarebbe il genere più vicino allo stile del gruppo; genere inteso tuttavia nell’addizione di death e prog invece di quella, per definizione, di black e – sempre – prog. Ciò non si deve intendere come un inutile sofismo sul sesso degli angeli, bensì un tentativo di far formare, nella mente di chi legge, l’atto artistico fondativo dell’album.
Sembra incredibile, ma sono persistenti i richiami ai Voivod del lontano “Dimension Hatross”, precursore, nel 1988, delle sonorità più inusuali in ambito metal. Questa influenza si sente specialmente nelle prime tre song del platter (“Rumours Are Black Like Machine Guns”, “Criministers” e “On Evil Days”) e specificamente nelle parti di chitarra. Proprio “Criministers” appare il miglior episodio del disco, dall’alto del riffone di chitarra pesantemente impregnato dallo sludge (anche, sic!) unito a un refrain penetrante e melodico. Imbottire la scrittura di così tante derivazioni da generi diversi porta si a un sound unico, ma talmente pesante da essere davvero difficile da digerire. Anche dopo parecchi ascolti le canzoni si dimostrano disorganizzate e di difficile interpretazione e quindi memorizzazione. Il timone che mantiene ferma la direzione musicale traballa anche troppo: lo stile si perde nei propri meandri, non riuscendo a imprimere con decisione la propria personalità. Non aiuta a questo la diversità delle linee vocali, interpretate da Raquel Walker in modo sia classico (ma un po’ monocorde) sia rabbioso, con un etereo e dispersivo growling. A proposito, buona (ma è l’unico caso … ) la resa della cantante in “Them Greeds”, dalle arcane e dissonanti armonie, anche se la produzione, impastata, tende a rendere troppo grezzo e involuto il suono; complicando ulteriormente la già difficile ricerca del bandolo della matassa. Il mood, ecco, è l’aspetto che il gruppo riesce a centrare: arcigno, monocolore; ben rappresentato dal colore spento e privo di gioia dell’artwork. Qua e là è stato buttato qualche campionamento ambient che aiuta a far percepire meglio l’atmosfera voluta, anche se la menzionata produzione appiattisce un po’ il tutto. In “1760” questo aspetto trova il culmine in corrispondenza dei tratti in cui Delgado accelera mediante dei blast beats non troppo convinti. A questo punto credo di aver abbondantemente motivato il giudizio che sarà dato più sotto a “On Evil Days”: approfondire ulteriormente il discorso riguardo ogni singolo brano è, a mio parere, inutile; poiché la noia emergerebbe prepotentemente.
Encomiabile, quindi, il tentativo dei Liquid Graveyard di far qualcosa di diverso dalle solite proposte in ambito estremo. Tuttavia, l’esperimento fallisce clamorosamente per un’insufficiente capacità di scrittura (canzoni irrimediabilmente tediose e sfilacciate), di esecuzione (soprattutto da parte della Walker, inconsistente) e di produzione (troppo caotica la resa complessiva). Il tutto, assieme all’esagerata ridondanza derivante dall’aver messo assieme così tanti stili, senza aver all’origine la classe per poterlo fare adeguatamente.
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Track-list:
1. Rumours Are Black Like Machine Guns 4:01
2. Criministers 4:44
3. On Evil Days 5:26
4. Them Greeds 5:02
5. Their Words Grow Thin 6:09
6. From The Tower 5:19
7. 1760 5:05
8. The Blood Inside 3:58
9. We Live Dangerously 4:53
10. Anthead Grotesque 6:11
Line-up:
Raquel Walker – Vocals
John Walker – Guitar
Adrian de Buitléar – Bass
Acaymo Delgado – Drums