Recensione: Once Bitten
I Great White nascono a Los Angeles nel 1981 con il nome di Dante Fox e fanno parte della lunga schiera di cult band della scena hard ‘n’ heavy degli anni ’80, forti di dati di vendita piuttosto consistenti negli U.S.A. (4 milioni di copie vendute nei soli States e le posizioni n. 23 e n. 9 di Billboard raggiunte rispettivamente con “Once Bitten” e “…Twice Shy”, nonché un buon numero di singoli piazzati nella Top-Ten) e purtroppo pressoché sconosciute nel vecchio continente, se si esclude la risonanza delle tristi vicissitudini legate al rogo di Rhode Island nel 2003, causato dalle fiamme del set pirotecnico con cui i Great White si apprestavano ad aprire il concerto e nel quale persero la vita centinaia di persone tra cui l’allora chitarrista, Ty Longley.
Il sound dei Great White può essere genericamente accostato a quello di band statunitensi contemporanee o successive che, per vari motivi, incontrarono maggior fama e successo commerciale (Cinderella, Tesla e Badlands per esempio): hard ‘n’ heavy tosto e ruvido che non disdegna ampie digressioni in territori musicali tipicamente nordamericani, miscelando un flavour blues desertico e sofferto con i riff street-oriented dell’ottimo Mark Kendall e i vocalizzi taglienti e passionali di Jack Russell, probabilmente il vero asso nella manica della band, capace, grazie ad un timbro intenso, molto particolare e un po’ “zeppeliniano”, di emozionare e coinvolgere, alternando lancinanti acuti con sussurri e singhiozzi. Non è affatto fuori luogo affermare che i Great White rappresentino una sorta di punto d’incontro e d’equilibrio per buona parte delle correnti rock/metal di metà anni ’80, dallo street rovente e polveroso dei già citati Tesla e Badlands (senza dimenticare i Ratt) al class più raffinato di band come Dokken e House Of Lords, con un occhio di riguardo alla decade precedente (Led Zeppelin in primis) e a tutto il panorama musicale nordamericano.
Il risultato di una miscela così composita è una nutrita discografia in cui ‘Once Bitten’, album oggetto della presente recensione, si colloca certamente ai vertici, tanto da poter essere definito, senza eccessivi timori di smentita, il capolavoro dei Great White, frutto del periodo d’oro della band e in generale della scena musicale della West Coast statunitense (il quinquennio ’84-’89 in cui, oltre a “Once Bitten”, vedono la luce “Shot In The Dark” e “…Twice Shy”, sicuramente i tre album più rappresentativi dei Great White) nonché, ovviamente, della grandissima prestazione di ognuno dei musicisti coinvolti.
“Lady Redlight” è un’ottima opener, hard rock-song dal retrogusto blueseggiante con linee vocali azzeccate, scandite da un efficace guitar work e da tastiere che lambiscono territori AOR; la seguente “Gonna Getcha”, introdotta dalla chitarra affilata di Kendall, vira su lidi più street (si notano affinità con il sound dei primissimi Bon Jovi e dei futuri Skid Row), forte di un riffing ficcante e dinamico e di melodie riuscite e longeve che si dimostreranno essere una costante di tutta la tracklist.
“Rock Me” rappresenta invece, a parere di chi scrive, il momento più alto dell’intero album: pezzo atipico, aperto da pochi, discreti, accordi di chitarra e da una vivace armonica che trasportano immediatamente l’ascoltatore nelle assolate lande americane, scandendo l’incedere del lamento sommesso di Russell; non è che l’inizio, il pezzo esplode in un trascinante hard rock a tinte blues, caldo e appassionato, in cui la fanno da padroni la voce sensuale del singer e la chitarra espressiva di Kendall, autore di un notevolissimo doppio assolo di matrice hard-blues intervallato da una reprise di strofa e ritornello: probabilmente la summa stilistica del Great White – sound.
”All Over Now” è poi un altro ottimo esempio di hard rock a tinte blues, veloce e avvincente, sorretto da un guitar work sempre ispirato e da ottime vocals, ficcanti e cantabili. Una chitarra acustica introduce la successiva “Mistreater”, tuttavia il riffing elettrico efficace e graffiante di Kendall, e l’ottimo lavoro delle keyboards di Michael Lardie, fanno salire immediatamente il ritmo trasformando il pezzo in un hard ‘n’ roll che si snoda fra pause e accelerazioni di grande effetto, perfettamente giostrate dall’ugola più che mai ”plantiana” di Jack Russell.
Successivamente ecco l’AOR/class vitaminizzato di “Never Change Heart”, in cui alle melodie morbide e cantabili intonate dal singer fanno da contrappunto le sonorità in puro Lynch-style dell’elettrica di Kendall, un mix esplosivo che mantiene altissimo il livello della tracklist; “Fast Road” risulta essere il brano più heavy del lotto nonché il meno riuscito: a mio modo di vedere pur non essendo affatto un cattivo pezzo (i Great White si esprimono al meglio su tonalità più calde e soffuse).
Marciando verso la conclusione, spazio alla penultima ‘On The Edge’ (canzone dal ritmo piuttosto cadenzato, molto vicina allo stile dei Tesla di Mechanical Resonance), in cui ritroviamo Russell su registri più consoni e il solito ottimo lavoro di basso e chitarra (break e assolo centrale molto riusciti) e, infine, alla commovente ‘Save Your Life’, ultima traccia nonché unica ballad del disco, in cui Russell mostra, di nuovo, tutta la propria classe sfoderando una prestazione di grande livello, con cuore e passione da vendere.
Al tirar delle somme ‘Once Bitten’ si rivela dunque un album di grande spessore, suonato e composto da un’ottima band, come detto pressoché sconosciuta in Europa, dove sonorità come quelle proposte dai Great White non sono mai riuscite realmente ad imporsi e meritevole, dunque, di un’accurata riscoperta, anche in prospettiva dell’agognata reunion, ufficializzata proprio nei mesi scorsi e che porterà il gruppo (in formazione per 4/5 originale) a pubblicizzare on the road il nuovo album attualmente in lavorazione.
Stefano “Joey Federer” Burini
Tracklist:
01. Lady Red Light
02. Gonna Getcha
03. Rock Me
04. All Over Now
05. Mistreater
06. Never Change Heart
07. Fast Road
08. On The Edge
09. Save Your Love
Line Up:
Jack Russell – Voce
Mark Kendall – Chitarra
Michael Lardie – Chitarra e Tastiere
Audie Desbrow – Batteria
Lorne Black – Basso