Recensione: Once Was Not
La lunga pausa intercorsa tra il precedente lavoro in studio e questo Once Was Not è evidentemente servita
ad aggiustare al meglio il nuovo materiale: quattro anni per concretizzare e rifinire una mole di idee impressionante. Se
Whisper Supremacy aveva svelato una nuova dimensione del combo canadese, oggi possiamo nuovamente parlare di svolta.
Si riparte dalle origini? Non solo. Era facile pensare alla definitiva adesione a un freddo iper-tecnicismo, e invece il
gruppo sembra voler recuperare la vecchia primordiale vena Death Metal e rivisitarla con deviazioni insospettabili.
Niente divagazioni intellettualoidi, niente assurdità gratuite. Ci si abbandona a giocare con gli strumenti, ma è solo un
istante: l’album è pregno di Brutal intenso e aggressivo, tanto diretto da lasciare spiazzati. Non è stato tuttavia
necessario abbandonare lo stile che li ha resi unici, caratterizzandoli in ogni album per la peculiarità tecnica e non solo.
Oggi il bilanciamento tra stravaganza tecnica e impatto è praticamente perfetto, pendente, volendo fare un paragone con gli
ultimi due lavori, più verso il secondo. Ha aiutato l’abbandono di Jon Levasseur, che ha lasciato spazio alla
sola chitarra di Alex Auburn, rendendo il discorso musicale molto più compatto e orientato al riffing puro. E
probabilmente il gruppo ha colto il rientro di Lord Worm come l’occasione per riallacciare i rapporti con la
vecchia scuola, rapporti che hanno caratterizzato soprattutto l’esplosivo debutto.
Ma dipingere Once Was Not come uno sguardo nostalgico al passato è fuorviante. Al contrario, il disco si sbilancia
verso sperimentazioni fin’oggi mai sentite in casa Cryptopsy. Nessun timore nelle inedite aperture chitarristiche
lineari e vicine a un immaginario melodico fin’oggi impensabile: sommate e amalgamate all’inconfondibile marchio di fabbrica
del combo, spiazzano e regalano alcuni dei momenti più riusciti dell’intero lavoro. Persino il cantato, nel suo incedere
irruento, non manca di puntare su soluzioni più moderne. Flo Mounier non rinuncia ai pattern di batteria
impossibili, ma la strutturazione e la precisione raggiungono dei picchi nemmeno lontanamente paragonabili col passato.
Seguono quella maturazione generale che ha portato i Cryptopsy a costruire un disco omogeneo e studiato a livello
maniacale, dove la cura del dettaglio passa per ogni intermezzo, introduzione, stacco.
Qui arriviamo a un punto nodale: abbandonata la forma-album vecchio stampo che ha caratterizzato sin oggi tutti i loro
lavori, Once Was Not cerca una nuova dimensione unitaria, un valore aggiunto non indifferente. Nonostante la formula
intricata e schizofrenica, più di un episodio colpisce per direttissima l’ascoltatore, rimanendo impresso entro una manciata
di ascolti: così è per “The Frantic Pace Of Dying“, un esempio fra tanti che mette in luce l’intelligenza compositiva
che caratterizza tutte le tracce. Inutile comunque descrivere canzone per canzone: ognuna ha del suo, ognuna si avvale di
un’eterogeneità inaspettata in un album dei Cryptopsy. Le singolari aperture di cui si è parlato non si limitano ad
essere una mano tesa all’ascoltatore, ma costruiscono in dimensioni monumentali il nuovo approccio compositivo dei
Cryptopsy.
Ripetuti ascolti non possono esaurire nel breve termine le potenzialità del lavoro. E’ indiscutibile che siamo di fronte
a una delle gemme del nuovo anno, ma la vera potenzialità di Once Was Not deve ancora emergere. Azzardando, oserei
dire che siamo sui livelli del seminale None So Vile. Il tempo confermerà o smentirà: intanto eccovi servito un
lavoro che, ascoltato senza un eccessivo attaccamento a fattori nostalgici, non può che regalare ottimi momenti. Un album, e
questo è il punto decisivo, incredibilmente concreto. Non ci si poteva aspettare di meglio.
Matteo Bovio
Tracklist
1. Luminum
2. In The Kingdom Where Everything Dies,The Sky Is Mortal
3. Carrionshine
4. Adeste Infidelis
5. The Curse Of The Great
6. The Frantic Pace Of Dying
7. Keeping The Cadaver Dogs Busy
8. Angelskingarden
9. The Pestilence That Walketh In Darkness (Psalm 91: 5-8)
10. The End
11. Endless Cemetery
Line up
Lord Worm – vocals
Alex Auburn – guitars, backing vocals
Eric Langlois – bass
Flo Mounier – drums, percussion, backing vocals