Recensione: Ond Spiritism – Djefvulens Skalder

Di Giorgio Vicentini - 6 Agosto 2004 - 0:00
Ond Spiritism – Djefvulens Skalder
Band: Armagedda
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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77

Sarà molto “trù” parlare di morte scrivendo una recensione black metal, ma in questo caso non è una posa: il progetto musicale Armagedda è bello e defunto. Tempo fa comparve sul sito della loro casa discografica un comunicato che, senza tanti giri di parole, assomigliava tanto ad un epitaffio e recitava le seguenti parole:


[10.05.04] Statement by Armagedda: We do not perform Black Metal anymore, we do not want to be associated with the Black Metal scene of today nor yesterday. […] Black Metal has been infected with unserious people who abuse its (un)holy essence and that is not what we stand for. Therefore we will get as far away from this shit as possible. All is said, enough! Consider this to be 100 % official. – A. & Graav anno serpenti 2004

Non essendo riuscito a trovare riscontri in senso opposto, sono convinto che la band abbia davvero chiuso i battenti e ciò mi rattrista alla luce di quest’ultimo regalo. Se da un lato rimango dispiaciuto, dall’altro spero vivamente che tali dichiarazioni non siano solo uno specchietto per le allodole perché, un eventuale ritorno sulla scena, sarebbe una trovata a dir poco infelice e discutibile.


Ond Spiritism è un lavoro strano, tetro ed opaco che mi ha incuriosito ed attratto fin dall’inizio con il suo artwork al quale manca soltanto l’odore stantio di un antico testo, per essere uno scritto del passato. Sull’onda della veste grafica curatissima e dal gusto arcaico, perfetta per descrivere le tematiche occulte che ne fanno il concetto base, si dipana la musica densa e fosca come si conviene alle argomentazioni: black metal scarno, che scorre su velocità medie, qualche variazione verso ritmi più sostenuti e la totale assenza di qual si voglia preziosismo tecnico o estetico. Composizioni prive di momenti vuoti, che spaziano tra i sei ed i nove minuti durante i quali prevale un’aura oscura che arriva ad essere quasi ipnotica nei lunghi tratti strumentali durante i quali il cantato sparisce del tutto (Ändalykt ad esempio).

La struttura semplificata ed a tratti volutamente ripetitiva, fa sì che tutti i pezzi creino un insieme dalla forza espressiva magnetica, capace di guidare in un viaggio nell’oscurità coloro i quali sono affascinati dal lato più lugubre e misterioso dei tempi che furono; epoche nelle quali si studiava l’esoterismo, la magia, la stregoneria. Quest’aria rarefatta, che ci avvolge progressivamente durante lo scorrere dei minuti, non poteva sposarsi meglio che con i testi in lingua svedese, che aggiungono un notevole carico di ermetismo, come si stesse leggendo un testo in un idioma scomparso. Anche la produzione ha un ruolo importante, molto nitida, ma non plasticata, con grande evidenza per il basso che spesso si ritaglia un ruolo che va oltre l’accompagnamento ritmico uscendo “allo scoperto” (“Döden Styr Livet”).

Una volta chiaro che la spinta propria del disco deriva dall’espressività globale del castello compositivo dotato di una propria atmosfera, mi limito a citare “Afgrundsvisioner” che rappresenta al meglio lo spirito guida del disco oltre che essere la track meglio riuscita, e la conclusiva “Otfaerd” con il suo coro mistico/religioso e la sua aria inquietante a chiudere adeguatamente il disco.

Ecco la dimostrazione di come il feeling nel black metal sia tutto al punto da riuscire a creare un album evocativo ed affascinante. E’ veramente un peccato aver perso una band così valida, ma dopo essersi espressi su certi toni la via è una sola…

Tracklist:
1. Helvetestoner
2. Döpt I Oheligt Vatten
3. Afsked
4. Ändalykt
5. Döden Styr Livet 
6. Gravgaardspsalm  
7. Afgrundsvisioner 
8. Otfaerd
 

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