Recensione: One Day In Fukushima (Demo 2015)
A volta bastano pochi minuti per farti rendere conto delle effettivite capacità di una formazione.
Originari di Eboli, gli One Day In Fukushima sono una giovane formazione grindcore (sia per la recente formazione che per l’età dei componenti), autore di un mini omonimo autoprodotto (anche se sul disco fa bella mostra di se la scritta “Demo 2015” scritta a mano) che si lascia ascoltare indubbiamente con piacere, soprattutto se, come il sottoscritto, siete dei discreti amanti del grindcore più genuino.
Nonostante l’uso di una drummachine (comunque dall’impostazione discretamente realistica) questo mini omonimo si rivela decisamente ben prodotto e, a dispetto della sua durata scarsa di un quarto d’ora, è uno di quei dischetti in grado di spingerti a schiacciare il tasto ‘Play’ in continuazione, una volta terminato il lavoro: nulla di particolarmente nuovo ed originale precisiamo, ma talmente ben realizzato da rendere praticamente impossibile il non apprezzare le doti del giovane ensemble.
Le sonorità sono quelle classiche, ma proposte con la furia necessaria sufficiente a far emergere i giovani casinari nostrani dall’infinito marasma dei mestieranti, spesso senz’anima, che animano la scena grind/gore/brutal ed in generale tutto ciò che ha a che fare con ‘zombie, maschere antigas, anarchia & disagio‘ (- Il mio motto personale per descrivere il grindcore – Nda): parti più death oriented si miscelano a genuine sfuriate hardcore/crust, un mix che é da sempre marchio di fabbrica di questo genere musicale così estremo in grado di abbracciare praticamente ogni frangia dell’estremismo musicale.
Il primo terzetto, composto da ‘Toxifissione’, ‘Desomorfina’ (dalla brevità dissacrante) ed ‘Exoskeleton’ é di sicuro effetto, un terzetto in grado di regalare momenti di sano ‘pogo contro il muro’ in meno di tre minuti complessivi di ascolto. Anche la successiva ‘Sawney’s Eyes’ vanta il medesimo impatto massiccio che, in poco più di un minuto di durata, vi trascinerà appresso con il suo incedere ritmico martellante.
Tutti i brani successivi, passando da ‘Gabbia Toracica’ fino alla finale ‘Bergoglio’s Fistful Of Sanctity’, vantano una discreta dose di violenza e sana ignoranza come da tradizione (con ‘La Giustizia Degli Spaventapasseri’ che personalmente si candida al miglior pezzo del mini album): menzione particolare per quest’ultima che, sebbene non sia certo il miglior pezzo del lotto, é una sfuriata punk/metal dissacrante in grado di strappare comunque qualche sana risata grazie ai campionamenti presi da….Mortal Kombat, il tutto a puro sfregio del Santo Padre, preso in un suo momento di particolare onnipotenza (avete presente la sua famosa sparata ‘….se insulta mia madre, allora gli spetta un pugno!‘ vero? Bene, i nostri giovani casinari ci hanno costruito un brano sopra).
Un ascolto compatto ad opera di un ensemble che, sebbene non sia ancora a suo modo totalmente originale (ma oggi quasi nessuno vanta tale caratteristica, quindi ormai questo aspetto passa in secondo piano), ha tutte le carte in regola per sfondare sul serio: in fondo stiamo parlando ancora di una prima prova discografica ma la buona produzione, unita all’impatto notevole della musica proposta penalizzato solo in parte dal’uso della drummachine (ora i Nostri sono in 5, con tanto di batterista e live all’appello, di cui finora si è solo sentito parlare molto bene) lo eleva dal rango del solito ‘Sei e mezzo/65’.
Voto di stima quindi, con la premessa di non deludermi alla prossima, sento di potermi fidare di loro.
Ah, ancora una cosa….
“FINISH HIM….FATALITY!”
Andate in pace, o’ fratelli.