Recensione: One For All, All For Hell
Gli Hate Giving Day sono un gruppo che ruota intorno alla figura cardine di Aldo Steppa, ex militare che ha partecipato alla campagna del Kosovo come fuciliere assaltatore e che decide di mettere in musica, dopo tormentate esperienze personali, gli orrori della guerra a cui ha preso parte in prima persona. Per farlo si circonda di amici provenienti, in larga parte, dalla formazione dei Nameless Crime, band conterranea di Aldo.
Il discorso intrapreso dal combo è quello di portare alla luce del sole un metal marcio, profondamente death con rimandi alle dissonanze tipiche del thrash e alle atmosfere. I testi, ispirati come già detto all’orrore che circonda la battaglia, vengono vomitati direttamente dal vocione del cantante e ottimamente supportati dalle chitarre (ispiratissime) di Franco Cerimonia, dal basso di Raffaele Lanzuise e dalla batteria di Dario Graziano, il quale si occupa anche di piano e synth.
Nel premere il tasto play si viene avvolti da un’intro orchestrale e dal primo pezzo, Curse Of Violence, che mette subito in chiaro le intenzioni del combo: un death metal di scuola svedese pieno, marcio a sufficienza, ma comunque evocativo sulla scia degli Entombed e degli At The Gates. Anche la successiva Hell On The Hill ribadisce il concetto con un approccio meno “pomposo” (termine da prendere con le molle, s’intende) e ben più diretto.
Soviet Remains e The Kolon Hell, due brani cardine del lavoro, raccolgono forse l’essenza del sound degli Hate Giving Day: brutali, talvolta riflessivi ed evocativi, ma sempre dannatamente dritti al fegato.
Trench, invece, si fa più marziale in un incedere che segna quasi l’andamento di una battaglia campale con reminiscenze motorheadiane nella voce dell’ospite Dario Guarino (Nameless Crime). Molto interessante il finire del brano, arpeggiato a significare la presumibile quiete dopo la tempesta. Gran bell’idea è anche il brano che chiude One For All, All For Hate, Silente Vola, una bordata in pieno volto cantato in italiano, mentre l’ultimo pezzo nient’altro è che un’outro che si sviluppa su un arpeggio di pianoforte dalle tinte quasi gotiche.
La guerra non è uno scherzo e vivere sulle proprie spalle il peso di un’esperienza del genere logora da dentro. Ciò che il mastermind di questa band prova (e riesce abbondantemente) a spiegare è che dal peggiore dei mondi in cui un uomo può ritrovarsi, qualcosa di positivo può emergere. Nel suo caso è plausibile che il dare sfogo alla sua creatività tramite questo progetto abbia costituito motivo, oltre d’orgoglio per il risultato ottenuto, di rivalsa e accettazione verso ciò che ha subito.
A chiudere la recensione non può non essere apprezzata la qualità della registrazione e della produzione, a cura di Maddalena Bellini, chitarrista dei più volte citati Nameless Crime. Un plauso, insomma, all’opera prima di questa band che, se rispetterà le premesse qui espresse, saprà essere in grado di far sobbalzare dalla sedia gli appassionati del death.
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Tracklist:
1 – Intro
2 – Curse of Violence
3 – Hell on the Hill
4 – Trench
5 – The Kolon Hell
6 – Soviet Remains
7 – Silente Vola
8 – Dormi Preoccupato
Lineup:
Aldo Steppa – Vocals
Franco Cerimonia – Guitar
Raffaele Lanzuise – Bass Guitar
Dario Graziano – Drums, Piano & Synth