Recensione: One More From The Road
Originariamente uscita come singolo Cd, la prima stampa digitale del grande live degli Skynyrd presentava la scaletta incompleta ed una scarna versione grafica, mentre la versione recensita in questa sede si distingue per essere una ristampa con i fiocchi, arricchita con ben otto tracce in più (benché si tratti delle stesse canzoni, queste sono tratte da serate differenti della medesima tournee) e con una veste grafica veramente eccellente: il Cd (doppio) è confezionato in un doppio digipack contenente l’artwork originale dell’Lp ed il libretto, oltre a contenere begli scatti delle serate del luglio ’76, racconta con dovizia di particolari tutti i retroscena e la storia dell’album … imperdibile.
Sebbene il prezzo di questo gioiellino non sia così popolare (circa 20 Euro), consiglio l’acquisto a tutti gli amanti del rock anni ’70, poiché di carne al fuoco ce n’è davvero tanta, tra brani del celebre gruppo sudista e covers come “T for Texas”, “Call me the breeze” o “Crossroads” (dei Cream). Molti dei grandi classici del settetto americano sono presenti all’appello e questo significa che potrete godervi versioni elettriche, cariche e caldissime di pezzi come “Sweet Home Alabama”, “Free Bird”, “Simple Man”, “Workin’ For The MCA”, ecc. Le prestazioni di tutti i musicisti sono buone e l’impatto dei Lynyrd Skynyrd sul palco non delude certo le aspettative e questo significa che i brani sono presentati in modo eccellente, risultando avvicinabili anche a chi non conosce il gruppo e vuole farsi un’idea del perché sia diventato così famoso. Personalmente trovo gli Skynyrd un gruppo di talento, che ha scritto pagine appassionate nella storia del rock a stelle e strisce, pur non risultando innovativo o incredibilmente originale (ma questo è un difetto del 98% degli artisti d’oltroceano).
Chi non avesse idea di che cosa questi signori del profondo sud statunitense propongano, sappia che ci si trova davanti ad uno dei complessi più rappresentativi di quella corrente che già nei ‘70 assunse il nome di rock sudista, corrente che annovera tra le sue fila esponenti come gli Allman Brothers Band o (in una certa misura) i Grateful Dead. Il suono dei Lynyrd Skynyrd si regge sull’intreccio di tre chitarre distorte e calde e sulla voce inconfondibile dell’ex-leader (ora scomparso) Van Zandt, vera e propria icona del rock sudista ed autore dei testi del gruppo, testi che parlano di valori come la semplicità, la libertà, il senso della vita, l’amore per la propria terra o di passioni come l’alcohol e la musica. Non si pensi di avere a che fare con una sorta di Ku Klux Klan con zeppe e basettoni, non si troverà mai politica nei versi di questa band. Non si può descrivere una musica semplice e diretta come quella degli Skynyrd, perché è soltanto rock’n’roll con influenze blues (sono americani si o no?) e con una buona dose di groove e di boogie, per cui rimando assolutamente all’ascolto di questo album, consigliando di goderselo durante una bella pedalata in campagna durante l’estate, oppure mentre si guida la macchina in un lungo pomeriggio assolato. Non so perché ma quando ascolto i brani di questo album (ed anche le versioni in studio) mi immagino pigramente appoggiato allo sportello di un vecchio pick-up Ford rosso degli anni ‘60 ad osservare la vita di una cittadina di campagna, mentre tengo tra le labbra una spiga di grano dorato. Se l’immagine appena descritta vi sembra comica non fatevi fuorviare, questo disco merita un bell’ascolto, cercatelo e fatemi sapere.