Recensione: One Step to Hell
Wishmaster è un connubio artistico che prende vita nel 2003 dall’unione d’intenti dei due membri fondatori che, dopo un singolo d’esordio, decidono di tentare il salto della staccionata passando a cose ben più importanti come la registrazione di questo demo di sei pezzi. Innegabile lo sforzo della band di impostare seriamente il proprio lavoro: artwork realizzato su supporti cartacei professionali per consistenza e qualità di stampa; ricco di informazioni il booklet che, se pur ridotto a due facciate, riporta con ordine e chiarezza tutti i dati del caso, greetings e testi compresi. Peccato per la copertina vera e propria, pesante nei colori e bruttina nel complesso (soprattutto il retro cd dove sono riportati i titoli); ma quello che conta in questi casi è la musica.
Dopo la solita ed abusata intro a base di tastieroni maestosi (poco male comunque, anche i “grandi” sfornano introduzioni poco ispirate) irrompe la minacciosa frase: “Welcome to hell…” con annessa risata sardonica che ci porta ad Hellraiser, la traccia più cattiva del lotto. A farci da faro durante il nostro percorso a fianco dei Wishmaster, è un convincente e piacevole power thrash melodico con accenni sinfonici, più per la presenza delle tastiere che per altro, suonato con convinzione, capacità e retto su buone risorse tecniche. Senza rasentare picchi di inventiva grandiosi, ognuna delle tracks scorre facile, dimostrando personalità ed un filo conduttore sviluppato con chiarezza. Una mistura ben calibrata di ritmiche aggressive, stacchi stoppati, cambi di tempo, melodie epicheggianti, assoli di soddisfacente fattura inseriti con gusto. Molto convincente la prova vocale nello scream, solido e calibrato, propedeutico alla causa facendo da base di partenza sicura per ogni track; un po’ meno riuscite le altre voci di supporto, in particolare il coro di “Black Rose is Dead”, debole e quasi fuori tempo rispetto all’incedere del pezzo.
A farla da padrona la sezione ritmica chitarra/basso (ad opera del cantante Massimo Frasca), vero perno grazie ai suoi connotati a cavallo tra aggressività e melodia; promosse anche le tastiere, pur restando un pò in penombra in certi passaggi, facendo da riempitivo leggermente soffuso nei momenti di accompagnamento alle ritmiche; maggiore personalità ed un suono più pieno nei fraseggi ordinari avrebbero dato vita ad un effetto ancora più coinvolgente.
Quello che mi lascia soddisfatto alla fine dei quattro pezzi effettivi, è che i Wishmaster non si avventurano in nessuna delle anime che vogliono impersonare, ma le interpretano con cognizione di causa, senza colpi di genio, ma con un piglio convincente dato dall’ottimo affiatamento. C’è incisività, scioltezza e dinamismo entro i canoni del genere; dimostrano espressività nei momenti più epici come nel caso di “Under the Fire“, sfoggiano un songwriting ben studiato e dinamico grazie all’alternanza di temi musicali e momenti vocali come in “Black Rose is Dead”; si lanciano anche in cavalcate possenti dal sapore guerriero in “The Templars Grave”.
L’impressione finale è sicuramente positiva, vista la facilità d’ascolto, la bontà dell’assemblaggio e la mancanza di passi falsi sostanziali; auspico una crescita esponenziale di questo progetto alla luce del fatto che le manchevolezze attuali non prevalgono mai sui lati incoraggianti.
Tracklist:
01. The Void (intro)
02. Hellraiser
03. Under Fire
04. Black Rose is Dead
05. The Templar’s Grave
06. L. De Molay (outro)
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