Recensione: Oneiric Reality
Altra creatura dell’underground siciliano, il trio in oggetto si dedica ad un prog melodico
nient’affatto ossessionato dalla ricercatezza tecnica, bensì dalla costruzione di atmosfere,
arrangiamenti e talvolta sperimentazioni, ed arriva a questo full-length autoprodotto dopo
quattro demo, il primo dei quali risalente al 1997.
La composizione di questo “Oneiric Reality”, concept incentrato sul viaggio spirituale di
Shinta, dal sogno alla realtà, è decisamente matura e denota spunti d’alta classe, tutti da
ricercare nella minuziosa cura per l’arrangiamento e la profondità emozionale trasmessa dai
brani, tra di loro sempre cangianti, ma ben amalgamati da un sound di buona qualità.
Si apre con una rivisitazione in chiave metal della stupenda “Libertango” di Astor Piazzolla,
che assume il ruolo di intro sinfonica, e questo fuori standard fa subito capire di che pasta
siano fatti i nostri, che affiancano subito un buon brano energico, “Burning Hope”, senza
troppi fronzoli, ma abbellito da synth che urlano il loro attaccamento ai vecchi suoni
ottantiani di mellotron, moog e hammond, sensazione che si ripeterà più volte nell’ascolto.
Seguono momenti intimisti come “Daybreak” e “The shade on the hill”, più vicini a certa
produzione neoprog, tuttavia mai dilapidando quanto di buono fatto nella facile tentazione di
arrischiarsi negli esibizionismi, che fa capolino in “Les Mystères du Chateu Hanté”, ma viene
sopita da un repentino cambio con tanto di istrionici cori lirici.
Sulla stessa falsariga sono “Illusion Meets Reality” e “Opposite Symmetry”, mentre vere
chicche per i più open-minded risultano “Abitta Funky”, vero e proprio scherzo freestyle, e
“Discophobia” (il titolo è forse una frecciatina ai defender?), techno-metal in stile
Labyrinth di No Limits. Davvero notevole.
Le dolenti note sono rappresentate unicamente dal cantato troppo spesso incerto di Gabriele
Toralbo, forse eccessivamente occupato – oltre a cantare si occupa delle chitarre ritimiche e
acustiche, del basso, e della batteria – per essere impeccabile dal punto di vista vocale, e
bravo a trovare “aiuto” nelle armonizzazioni che a volte riescono a coprire le
imperfezioni.
Il sottoscritto non ha apprezzato alcune linee melodiche, che saltuariamente
danno l’impressione di essere forzatamente dissonanti.
Ottimo il lavoro già accennato di Gabriele Taormina al piano, all’organo e alle tastiere, in
grado di far rivivere qualche “fantasma” di un passato che sembrerebbe volersi ripresentare
in maniera prepotente, viste le ultime uscite.
Ultimo ma non ultimo, Domenico Garofalo, autore di una prestazione di buona levatura alla
chitarra solista, e meritevole di non invadere mai il campo con interventi straripanti degni
di qualche pallone gonfiato di nostra ampia conoscenza.
Tracklist:
- Libertango
- Burning Hope
- Daybreak
- The Shade of the Hill
- Les Mystères du Château hanté
- Echoes of the Past
- The Path
- Imprinting
- The Answer
- Illusion Meets Reality
- Abitta Funky
- Discophobia
- Opposite symmetry