Recensione: Only The Strong
Let the Blood Run Red, let them all be dead
All those who oppose the Metal Avenger
Look them in the eyes, knock them down to size
No one must oppose the Metal Avenger
(Let The Blood Run Red)
Quanti di voi conosceranno il mitico Thor? No, non parlo della divinità, ma mi riferisco ad uno dei più bizzarri quanto carismatici personaggi che hanno popolato il mondo dell’Heavy Metal. Thor era completamente pazzo, bisognava esserlo, asseriva, per suonare Heavy Metal, passione musicale alla quale il mitico singer canadese associava l’altra sua grandissima passione, ovvero il culturismo. “Only The Strong” fu indubbiamente il suo assoluto masterpiece che vedeva addirittura in copertina una splendida immagine fantasy (non vi ricorda un pò quella presente sul “must” “Rough Justice” dei mitici Tytan dello stesso anno?). Autentico pioniere dell’Heavy Metal a stelle e strisce, Thor debutta addirittura nel 1978 con il buono “Keep the Dogs Away”, ma è nel 1985, dopo svariati EP ed un live album, che il muscoloso singer riesce a far propri e catturare i segreti su come forgiare autentico metallo pesante dando così alla luce il must “Only The Strong”.
Il disco, autentico crogiuolo di barbarico Heavy metal grezzo e feroce, era introdotto dall’intro strumentale e poi parlata 2045 che ben presto cedeva il passo alla prima vera e propria cult song, ed era proprio una canzone di assoluto culto l’ossianica title track Only The Strong un fast song che faceva il verso ai Grim Reaper di “See You in Hell”. Nella canzone, dove travolgenti riff si mescolavano alla potente e rocciosa voce di Thor, si poteva avvertire tutta la forza che il possente singer riusciva a trasmettere con le sue poderose prestazioni vocali. La seguente Start Rising Hell (grandioso il suo refrain) strizzava l’occhio a sonorità di matrice primi “Iron Maiden/Saxon” mentre la successiva Knock’em Down si muoveva su coordinate leggermente diverse andando a riprendere un più canonico e ruffiano hard’n heavy che viaggiava su di una melodia potente ed incisiva. Ma è con Let The Blood Run Red che il disco raggiungeva uno dei suoi punti artisticamente più elevati. Il brano era composto da una poderosa costruzione strumentale scandita dalle incendiarie “vocals” di Thor intento poi a calarsi in refrain assolutamente epici.
Nel barbarico e splendido up tempo When Gods Collide (bellissimo il cadenzato ritornello) Thor addirittura riusciva nel difficile compito di rievocare mistiche immagini di un’era fatta di eroi e magie. Rock The City spingeva il disco su binari più “catchy” grazie a melodici ed appassionanti intrecci strumentali mentre la seguente Now Comes The Storm (dal grande assolo!) faceva il verso ai Riot di “Fire Down Under”. Con Thunder In The Thundra il disco raggiungeva un’altro dei suoi punti artisticamente più elevati. La canzone, introdotta da un forte boato (intento a rievocare un fulmine), era un brano di grandissimo spessore dove l’incredibile blocco d’acciaio composto dal possente muro sonoro era sapientemente scolpito dai taglienti vocalizzi di Thor. Ma il glorioso Thor era capace anche di immergersi in lidi d’intenzione “more US Metal oriented” ed a dimostrarlo vi era la potenza della seguente Hot Flames, antemico brano dove il nostro singer sembrava dare davvero il meglio di se. Con la successiva hit Ride The Chariot Thor dimostrava ancora una volta di saper comporre brani in grado di scomodare sonorità di stampo Epic Metal portate in auge da trionfali refrain. Si poneva così fine ad uno dei dischi tanto sconosciuti quanto grezzi e veraci che nel 1985 furono creati nelle lande americane. Thor il culturista era l’unico vero Thor che contava, le divinità vichinghe lasciatele a casa.
Vincenzo Ferrara