Recensione: Option Paralysis
The Dillinger Escape Plan (d’ora in poi solo DEP per motivi di comodità), ovvero una delle realtà più geniali e innovative degli ultimi 10 anni, instancabili promotori di un modo di fare musica liquido, come direbbe Bauman, in continua evoluzione cangiante, come un organismo in continua mutazione, che prende vita soprattutto in sede live, durante esibizioni cariche di adrenalina e di improvvisazione creativa. Gli infiniti tour che li hanno portati sui palchi di mezzo mondo sono la loro linfa vitale: un po’ per questa loro indole artistica che li vede entrare in una specie di trance ogni qual volta calcano le assi, un po’ perchè il genere di musica proposta, definita da molti mathcore per racchiudere il senso dell’estrema violenza e cervelloticità contemporanea delle loro creazioni, non permette, ovviamente, di arrivare ad un ampio pubblico grazie a canali convenzionalmente commerciali.
Differenti vedute sulla promozione ottenuta dalla Relapse per il precedente Ire Works hanno portato oggi i DEP a compiere una scelta ancor più radicale nell’ambito dell’indipendenza artistica: fondare una propria etichetta per curare finalmente in prima persona ogni fondamentale aspetto della loro creatura, dalla grafica alla promozione, alla produzione. E’ così nata, in occasione della pubblicazione del nuovissimo Option Paralysis, la Party Smasher, seppur sotto l’ala protettiva dell’esperta Season of Mist, etichetta che naviga nei mari delle frange più alternativa del metal da diversi anni.
Introduzione doverosa per descrivere il sottobosco in cui ha trovato la luce un album libero non tanto da chissà quali vincoli artistici che quasi mai si sono posti innanzi ai nostri ma, più che altro, da qualsiasi pensiero di dipendenza potesse tenere a freno le loro menti schizzate nel dedicarsi alla musica.
Quattro full-lenght nel giro di undici anni sono tappe di una evoluzione importante maturata lentamente e che è passata dalla pubblicazione di un disco variegato come Ire Works, il quale presentava, in nuce, molti elementi esplosi in quest’ultimo lavoro. In Option Paralysis si sente fortissima l’influenza di un istrione come Mike Patton, personaggio che fa parte della storia di questa band, essendone innanzitutto un grande fan, ed avendo per altro cantato su un loro famoso EP. Il germe del fondatore dei Mr Bungle è onnipresente in certe trame, certi suoni da ospedale psichiatrico e, oggi più che mai, nella versatilità della voce di Greg Pulciato, cantante che in questo disco raggiunge picchi eccezionali di tecnica e lirismo.
Basterebbe ascoltare tracce spettacolari come Widower, Parasitic Twins o la stessa Endless Endings per capire cosa voglio dire: alternanze repentine tra caos e calma rassicurante, intermezzi jazzati da piano bar, vocine e coretti vari sono piccole perle che avremmo potuto ascoltare nei Faith No More se fossero andati in una direzione ancora più estrema. Il brano di chiusura Parasitic Twins, in particolare, è topico per definire il livello dei DEP attuali, un inizio a la Danny Elfman che prelude ad una ballata in stile Album of the year con tanto di pianoforte ed un gustoso finale con cori ed un solo di chitarra in fader.
La melodia è un aspetto che è decisamente migliorato nel songwriting degli americani, ma rimane pur sempre un concetto relativo, visto il modo in cui viene partorita attraverso trame complesse che fanno capo al lavoro spasmodico dei chitarristi Ben Weinman e Jeff Tuttle, veri mostri di tecnica e scalatori di vette impossibili con i loro intrecci assurdi. La più orecchiabile, in questo senso, risulta essere la dissonante Gold Teeth on a Bum, la quale presenta, a parte tutto, un ritornello molto catchy e accattivante. Particolarmente belle sono la prima citata Widower, traccia dove il pianoforte è onnipresente e che presenta numerosi crescendo corali davvero coinvolgenti; oltre all’ottima opener Farewell, Mona Lisa in cui coretti deliranti spuntano all’interno di un vero e proprio tornado di rabbia psicopatica che, d’improvviso, si spegne lasciando spazio per un attimo alla voce pulita di Pulciato e ad una chitarra sinistra in un’atmosfera sonora da pub il venerdì sera.
Non mancheranno di certo ai fan della primissima ora le sfuriate “dure e pure” e ammazza neuroni alla velocità della luce, dove tutta l’aggressività dei DEP e del nuovo giovane batterista Billy Rymer trovano pieno sfogo. Ne sono esempio l’hardcore in centrifuga di Good Neighbor o la rabbia di Crystal Morning: furore che, comunque, non dà mai il senso dello scontato, come nel caso della paranoica Room Full of Eyes, nella quale la solita follia viene interrotta da una brusca inchiodata che si traduce in un disperato break al limite del doom. Come corto circuiti nel sistema, ci si aspetta sempre qualcosa di improbabile che rompa all’improvviso anche il tema più solido: è questa la forza dei DEP che oggi può esprimersi in modalità sempre più svariate.
A detta loro questo dovrebbe risultare l’album più metal della loro discografia. Per quanto mi riguarda, i Dillinger Escape Plan qui dimostrano di aver raggiunto una maturità artistica invidiabile, un livello di creatività molto alto e, come se non bastasse, sfoggiano ancora una volta una tecnica musicale eccellente che, come già detto, è persino migliorata in alcuni casi; tutto ciò porta potenzialmente una band a produrre musica che và oltre le definizioni del caso e, di conseguenza, anche oltre qualsiasi target di audience.
In sostanza chiunque potrebbe ascoltare un disco come questo e trovarvi, quasi certamente, degli elementi piacevoli. Ciò è l’ennesima conquista e positivo passo avanti nella carriera di una band che ha ancora una fulgida strada da percorrere.
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
Tracklist
01. Farewell, Mona Lisa 5:24
02. Good Neighbor 2:30
03. Gold Teeth on a Bum” − 5:23
04. Crystal Morning 2:02
05. Endless Endings 2:33
06. Widower 6:24
07. Room Full of Eyes 4:16
08. Chinese Whispers 4:07
09. I Wouldn’t If You Didn’t 4:14
10. Parasitic Twins 4:41
Durata totale 41:34