Recensione: Opus I: The Khaos Hatefile

Di Alessandro Calvi - 16 Ottobre 2006 - 0:00
Opus I: The Khaos Hatefile
Band: Hate Profile
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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78

Gli Hate Profile nascono nel 1998 dal volere di Amon 418 (già in Opposite Sides e Hortus Animae). Inizialmente i musicisti coinvolti sono diversi, ma poco a poco vengono messi da parte fino a diventare un progetto solista del suo fondatore. Le idee son chiare fin dall’inizio: l’idea è quella di creare una trilogia di dischi (a questo Opus I, seguiranno “Opus II: The Soule Proceeds…” e “Opus III: Spirit Breeds Era Vulgaris”) che attraverso testi, musiche e stili differenti rappresentino simbologicamente Thoth (Mercurio), Seth (Marte) e Amon (il Sole Nero). All’inizio del 2004 Amon 418 finisce la stesura di tutti e tre gli album di questo progetto, iniziano così le registrazioni del primo album avvalendosi anche della collaborazione di GroM (Ancient e Hortus Animae) alla batteria e in breve viene trovato un contratto. La registrazione e la pubblicazione degli altri due elementi di questo trittico dovrebbe seguire in tempi piuttosto brevi.

Il disco non si apre proprio benissimo. Il brano introduttivo “Demons in Me”, un brano strumentale d’atmosfera con qualche voce sussurrata e sempre lo stesso ripetitivo e ossessionante giro di pianoforte, è decisamente lungo. I tre minuti della sua durata sono sfiancanti e invogliano decisamente a passare alla successiva.
“Bleeding Black Heart” però ci ricompensa dell’attesa con un ottimo black violento, velocissimo e d’impatto, agli antipodi rispetto a quanto sentito fino a quel momento. Le concessioni alle tastiere sono veramente poche, giusto qualche effetto elettronico qui e là e qualche brevissimo passaggio quasi sinfonico per dare più spessore ai brani. Per il resto sono chitarre, basso e batteria a farla da padrone in una serie di brani uno più veloce dell’altro, però con sempre un occhio ben attento alla melodia. Il lavoro di GroM dietro alle pelli non si segnala per un’estrema varietà, però è preciso e non fa assolutamente rimpiangere l’uso di una drum-machine anche se un suono leggermente più pieno al suo strumento sarebbe stato sicuramente apprezzato.
Dal punto di vista compositivo naturalmente ci troviamo di fronte a un’opera molto matura. Amon 418, con le pubblicazioni dei suoi altri gruppi, ha già una discreta esperienza alle spalle e sa come si scrive una canzone, per cui è anche un po’ difficile etichettare questo “Opus I: the Khaos Hatefile” come un disco di esordio. Qualche aggiustatina qua e là si potrebbe comunque darla, per esempio, come si diceva inizialmente, al brano di apertura che andrebbe un po’ decurtato, così come quello di chiusura di oltre 5 minuti e mezzo, oppure al suono della batteria o ancora sempre accorciando alcuni passaggi che probabilmente vorrebbero risultare ossessivi, ma in realtà a volte risultano solo un po’ ripetitivi.
Il disco scorre via veloce, traccia dopo traccia, mixando sapientemente momenti più veloci e violenti, ad altri più riflessivi che fanno spesso la loro comparsa all’interno dei brani. Non si tratta infatti di un’aggressione sonora dall’inizio alla fine come un “Panzer Division” dei Marduk, al contrario vi sono spesso momenti lenti e quasi ambient che forse ancor di più acuiscono la sensibilità dell’ascoltatore nei confronti dei passaggi più veloci. Un orecchio particolare è poi stato dedicato a un certo afflato epico che riveste quasi tutte le canzoni.

Dal punto di vista della produzione nulla da eccepire. Forse il suono della batteria avrebbe potuto essere reso più importante all’interno del sound del disco, ma probabilmente si tratta di una scelta del gruppo averla resa così come è. Per il resto, pur trattandosi di un esordio discografico, il disco era già stato registrato e mixato prima della firma con la Cruz del Sur Music, nonostante questo tutti gli strumenti si sentono benissimo e ci troviamo di fronte a una produzione davvero niente male.

Il primo capitolo di questa trilogia pensata dal deus-ex-machina degli Hate Profile, si presenta quindi sotto i migliori auspici trattandosi di un buon disco di black metal melodico, ma senza tanti fronzoli, che saprà sicuramente farsi apprezzare tra gli estimatori del genere. Aspettiamo con impazienza le prossime uscite, in cui speriamo che Amon418 saprà fare sempre meglio.

Tracklist:

Prologue:
00 Demons in Me (intro to inferno)

Fallen:
01 Bleeding Black Heart
02 Veils that Blind
03 The Darkened Angel
04 The Day My Feathers Fell

The Vision:
05 17 Empty Rooms
06.66 The Khaos Hatefile
07 Recall to Nothing
08 Lapse of

Alex “Engash-Krul” Calvi

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