Recensione: Opvs Contra Natvram
“Magnificamvs te, Versvs Christvs
Tibi deo satanae”
Sono passati ben quattro anni da I loved you at your darkest, e finalmente i Behemoth presentano il loro dodicesimo album in studio, Opvs contra natvram. Il dodici, in campo esoterico – ed in particolar modo anticristiano – è un numero molto importante, perché rappresenta quello dell’apostolo che tradì Gesù Cristo per trenta denari, Giuda Iscariota, il quale, dopo la morte del suo maestro, si tolse la vita per il senso di colpa.
In questo (lungo) lasso di tempo sono accadute molte cose: una pandemia, una guerra in Europa e Ordo Blasfemia, ovvero la raccolta fondi lanciata da Nergal a favore dei musicisti polacchi che devono fronteggiare le onerose spese legali per le accuse di blasfemia. Va detto che il leader della band non è nuovo a questo tipo di iniziative: durante un concerto nel 2007 calpestò una Bibbia e recentemente è stato multato per aver calpestato l’immagine della Madonna. Oppure invitò i cristiani ad andare, in piena pandemia, in Chiesa ad abbracciarsi e scambiarsi un segno di pace – perché erano le uniche attività rimaste aperte mentre l’intero paese era in pieno lock down. Il leader dei Behemoth è, in patria, un po’ quello che Marilyn Manson è (era) negli Stati Uniti: un facile bersaglio, un capro espiatorio cui addossare le lacune della società e della classe politica; e la parte più tradizionalista del paese, quella ancorata ai valori giudaico-cristiani, oppone una stregua resistenza. Il giorno prima del lancio di Opvs contra natvram, è stato condiviso il video di un fan su Instagram in cui una donna cattolica strappava i poster promozionali dell’album.
Opvs contra natvram, opera contro natura, o più semplicemente opera contro corrente, e lo si capisce già guardando il bellissimo artwork nelle due varianti: una nera, in perfetto stile Behemoth, e l’altra bianca. La croce al suo centro è composta da altre croci ed è capovolta – capovolgere un simbolo, in esoterismo, vuol dire sovvertirne il suo significato, quindi non più un simbolo di speranza e liberazione dai peccati ma di rassegnazione e dannazione. Inoltre la croce è attraversata da un serpente, simbolo del peccato per i cattolici ma della conoscenza per i pagani.
Quindi, sia da un punto di vista numerologico che simbolico, gli ingredienti ci sono tutti. Se The Satanist è stato un elemento di rottura rispetto alla gloriosa discografia della band, questo nuovo disco sembra essere un ulteriore salto evolutivo: grande lavoro di mixaggio da parte di Joe Barresi, sonorità ancor più raffinate rispetto ai precedenti lavori e maggiore attenzione alle linee vocali non limitate esclusivamente al growl, ma non è tutto. La chitarra solista si ritaglia uno spazio più importante rispetto al passato, con assoli efficaci, lasciando invariate alcuni collaudati espedienti come l’uso del latino – lingua associata al cristianesimo, tanto che la prima messa in italiano, fu celebrata a Roma il 7 marzo del 1965 – o l’uso di armonie vocali che ricordano le nenie ecclesiastiche in contrasto con la ruvidità del black metal. Parafrasando, blasphème oblige.
Post-God Nirvana è una opener in classico stile Behemoth: sonorità orientaleggianti scandite da un drumming dal timbro pagano e Nergal nelle vesti di un diabolico sacerdote; sembra perfetta per aprire le date del nuovo tour che è partito a Glasgow il 29 Settembre. Malaria Vvlgata è un vero e proprio ritorno al passato, con velocità, forza, condite da un perfetto bilanciamento dei suoni. The deathless sun rappresenta bene il nuovo progetto dei Behemoth con interessanti linee vocali, una struttura potente e malefica e un eccezionale assolo. Ov my herculean exile è stato il primo dei quattro singoli, accompagnati da altrettanti video promozionali, ed è il brano più soft e orecchiabile. Neo spartacus è veloce e dolcemente aggressiva, caratterizzata da un’alternanza tra growl e spoken words. Disinhertance è più vicina alla tradizione della band: un riff convincente, orecchiabile, pronto ad eruttare black metal e un intermezzo più “death” impreziosisce una delle migliori canzoni dell’album. Off to war è costruita attorno ad un riff iniziale che va a comporre la struttura principale, accompagnato da una base ritmica particolarmente azzeccata e sensuale e da una sezione che spezza il brano; Once upon a pale horse ripercorre lo stesso schema compositivo, differenziandosi nella parte finale, chiusa in crescendo. Thy becoming eternal ha due facce: una violenta e aspra che fa scorrere indietro le lancette dell’orologio e l’altra più evocativa, che gioca sul contrasto tra le spoken words dal carattere solenne e le atmosfere apocalittiche della sezione orchestrale. Come il libro della Rivelazione chiude la Bibbia, l’apocalittica Versus Christus chiude l’album: l’intro è affidata al piano e alla voce sussurrata di Nergal, ed è un crescendo in ogni sua singola nota, fino ad esplodere nella sua malvagità; il ritornello cantato in latino è l’ossimoro che rafforza l’esprit anticristiano del pezzo, pronto ad esplodere.
Signore, signori, questo è Opvs contra natvram, un disco suonato davvero bene e che sembra essere stato concepito dal seme del Diavolo e per esaltare le capacità di live-band dei Behemoth perché, sebbene Nergal sia un leader carismatico alla stessa stregua della sua Nemesi, Orion, Inferno e Seth sono dei musicisti straordinari. Probabilmente una parte della fan base potrebbe criticare questo lavoro perché non “suona” come Demigod, Satanica o The Apostasy. E per fortuna. Cos’è la musica? La principale, almeno per molti di noi, forma d’arte che ci appaga e ci dà piacere, nella perpetua ricerca del bello…fino al prossimo disco. E perché per i Behemoth dovrebbe essere poi tanto diverso? The Satanist ha rappresentato un punto di svolta e il loro sound si sta evolvendo e proprio rispetto al passato; questo Opvs contra natvram sembra quindi essere un ulteriore passo in avanti. Quel tipo di musica non esiste più. Anche noi non siamo gli stessi di venti anni fa: come possiamo pensare che invece la musica possa essere statica nel tempo?
Opvs contra natvram è un disco in perfetto stile Behemoth, ma questo sarà ben chiaro dopo diversi ascolti, perché certe sfumature potrebbero sfuggire.
I Behemoth oggi fanno un black metal in frac: elegante, ma pur sempre cattivo, blasfemo, irriverente, incisivo; in fin dei conti, chi ha mai detto che il diavolo debba essere brutto e sporco, e non magari un uomo distinto ed affascinante?