Recensione: Ordained

Di Daniele D'Adamo - 5 Aprile 2015 - 22:12
Ordained
Band: Usurpress
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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58

Gli Usurpress nascono nel 2010 in quel di Uppsala (Svezia) per mano di Steffe Pettersson (voce), Påhl Sundström (chitarra) e Calle Andersson (batteria). Cui si aggiunge, poco dopo, Daniel Ekeroth (basso).

Gente scafata, che unisce le forze e soprattutto i diversi orientamenti musicali per dar luogo a uno stile che la band stessa definisce ‘death crust’. A significare, quindi, che esiste ancora lo scellerato matrimonio fra la bestialità dell’old school death metal e l’odio inestinguibile che sostiene da anni l’hardcore punk. E che comunque, se a monte c’è una grande passione, si può produrre materiale a getto anche in un genere apparentemente demodé.

Tanto è vero che i Nostri hanno già in saccoccia un demo (“Demo 2010”, 2010), tre spilt (“Bombs Of Hades/Usurpress, 2011; “Usurpress/Pyramido”, 2012; “Usurpress/Bent Sea”, 2013), un EP (“In Permanent Twilight”, 2011), e due full-length (“Trenches Of The Netherworld”, 2012; “Ordained”, 2014).

Proprio l’ultimogenito, “Ordained”, è l’oggetto di queste righe; tese fondamentalmente a verificare il senso che può avere proporre, nel 2015, uno stile commistione di fogge antiche, anche di quarant’anni. C’è da osservare preliminarmente che gli Usurpress ci mettono una buona dose di personalità, nel loro sound, anche se – considerando alcuni inserti doom assai ordinari – alla fine ciò che fuoriesce dalle tracce del platter non si distingue certamente per originalità.

Carattere sì, innovazione no. Anche perché Pettersson e soci, nel percorso da “The Heart Of The Last Kingdom” a “As The Monolith Comes Alive”, non sempre riescono a mantenere salde le redini per seguire un percorso stilistico omogeneo. Perdendo la bussola un po’ qua, un po’ là; dando l’impressione che la miscelazione ‘D-crust’ non abbia ancora raggiunto l’ottimale grado di proporzione fra i singoli ingredienti. A proposito di ciò, è proprio nei segmenti lenti, cupi e tetri, che i quattro scandinavi risultano poco consistenti. Dimostrando, al contrario, una non comune attitudine naturale a infilarsi nella trance da hyper-speed nelle vorticose accelerazioni ‘over blast-beats’ che spappolano “Storming The Mausoleum” e “Deny Salvation (Wolf-Like Dogs)”. Quest’ultima inspiegabilmente simile, nella parte finale, all’incommensurabile “A Fine Day To Die” dei Bathory (“Blood Fire Death”, 1988).

Il problema nel mettere assieme old school death metal e hardcore punk non, quindi, nell’idea in sé, poiché consente di mantenere viva una memoria storica cui non può prescindere il metal estremo. Il problema, semmai, insiste in chi lo fa. E, per quando scritto, gli Usurpress non lo fanno sufficientemente bene; perdendosi per strada a causa di un’idea musicale ancora embrionale, poco sviluppata.

Daniele “dani66” D’Adamo

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