Recensione: Order of Torment
Pur prendendo con le pinze la dichiarazione della label in merito ai Genocide Pact quale unica band di death metal da tenere d’occhio in questo 2018, sicuramente una proclamazione del genere perlomeno qualcosa di buono deve nasconderlo; tenuto conto della serietà e professionalità della Relapse Records, appunto, etichetta sobria e assennata.
“Order of Torment” è già il secondo lavoro di lunga durata, da parte del combo americano; nato peraltro solo un lustro fa, ma che, a dispetto della giovane età sia dei suoi membri, sia di se… stesso, sciorina con bravura puro distillato di old school death metal. Come se il tempo fosse tornato agli inizi degli anni novanta, quando Death e altri Campioni chiarivano definitivamente i dettami stilistici cui doveva soggiacere il death metal. Death metal e basta, ovviamente, poiché all’epoca la forma primigenia del genere doveva successivamente evolversi in numerosi sottogeneri fra i quali, oggi, c’è, non a caso, il death metal vecchia scuola.
Tutto quanto sopra per cercare di centrare a parole ciò che i Genocide Pact mettono giù in musica. E, a proposito, allora, non può non colpire il sulfureo mid-tempo dell’opener-track, ‘Conquered and Disposed’, rigurgitata da chissà dove per ammorbare, con il suo alito malsano, le orecchie di chi ascolta. Come da enciclopedia il doom fa capolino fra le strofe della song, soprattutto in occasione degli ulteriori rallentamenti del ritmo che fungono a loro volta da rampa di lancio per le brucianti accelerazioni che il death metal deve necessariamente contenere nel suo background culturale arcaico. Non solo doom però, ma, anche – trattandosi analogamente di una fattispecie come da regola ferrea – thrash; udibile principalmente in certi passaggi della batteria e, in particolare, nell’uso dei piatti. Drumming che, improvvisamente, si scatena in caotici blast-beats i quali alimentano il vortice di marciume che è l’aurea avvolgente lo stile della formazione di Washington. Tenuto conto, inoltre, dei riff corrotti e contorti di Tim Mullaney, pure vocalist dall’ugola catacombale, l’atmosfera che si respira durante lo svolgimento delle tracce del platter è stantia, pesante, a tratti allucinata. Perversa. Azzeccando, così, il flavour più genuino, se così si può dire, che deve ammantare l’old school death metal.
Detto dell’ineccepibile ricostruzione di un sound davvero penetrante e stordente, perfettamente aderente agli stilemi della foggia musicale proposta, non rimane che accennare alle song. Anch’esse scevre da difetti se si tratta di rispondere alla domanda esperita dai Genocide Pact in ordine alla correttezza stilistica. Una per l’altra, le canzoni di “Order of Torment” non si discostano nemmeno per un secondo dalla sottile linea rossa che fa da guida a una corretta interpretazione del suono elaborato dai tre statunitensi. Tuttavia, manca quel qualcosa in più da renderle esplosive, ficcanti, dolorose, trancianti. Tanto è vero che, anche dopo reiterati ascolti del disco, risulta complicato discernerle l’una dall’altra, troppo simili come formato e struttura. Ci vorrebbe un talento compositivo fuori dal comune, per sollevare in alto le sorti del full-length, ma i Genocide Pact, seppure bravissimi a viaggiare all’indietro nel tempo, evidentemente non hanno nelle corde questa peculiarità.
Solo per appassionati, in definitiva.
Daniele “dani66” D’Adamo