Recensione: O

Di Luca Montini - 13 Novembre 2020 - 0:10
O
Band: Orianthi
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2020
Nazione:
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70

Nata sotto una buona stella, Orianthi Penny Panagaris è una cantante e chitarrista australiana di origini greche con un curriculum davvero straordinario. Classe 1985, vera e propria enfant prodige, mostra una spiccata vocazione per la musica fin da bambina, suonando chitarra e pianoforte ed iniziando a scrivere musica appena quindicenne. Scoperta su MySpace dal direttore Michael Bearden, nel 2009 supera l’audizione come chitarrista di Michael Jackson per il tour “This is It”, tour che non vedrà mai la luce a causa della morte improvvisa del leggendario cantante nel giugno di quell’anno. Del sodalizio rimangono alla posterità le immagini del documentario-concerto eponimo. Vera regina delle sei corde con la sua fidata PRS, Orianthi vanta collaborazioni prestigiose, con artisti del calibro di Steve Vai (davvero gustose le armonizzazioni che dialogano in “Highly Strung”), Alice Cooper, Carlos Santana e Richie Sambora.

Con un titolo minimalista a dir poco, “O”, Orianthi giunge al quarto album in carriera, il primo in casa Frontiers Music, che arriva a sette anni di distanza dal predecessore “Heaven in This Hell” (2003). Il disco consta di dieci tracce di rock graffiante dalla durata contenuta, con la bella voce di Orianthi che si fa protagonista assieme ad un riffinig ad alto gain ed iper-compresso alla pedaliera. Voce e chitarra sono del resto le protagoniste assolute di questo lavoro, le due anime dell’artista che trascinano l’ascoltatore con un concentrato di grinta e passione che non lascia certo indifferenti. Il talento non manca in entrambi gli ambiti, così come la consapevolezza dei propri mezzi acquisita negli anni, tra la provocante sensualità del blues e la cattiveria più sporca del pop rock, con influenze che vanno dagli intramontabili anni ’80 ai giorni nostri.
Il disco alterna momenti più prettamente rock come nell’acidissima opener “Contagious”, nei singoli “Sinners Hymn” ed “Impulsive” (ostinatamente kitsch il videoclip nella casa di Barbie) e momenti più affini alla musica pop, come la sbarazzina “Blow” e la ritmata “Sorry”. Non manca la ballatona triste “Crawling Out Of The Dark”, un lento che esalta il lato più emozionale della singer di origini greche. Interessante anche la groovy “Company”, in cui voce pulita si staglia su un layer di chitarre effettate e synth dal sound più moderno. Chiusura affidata a “Moonwalker”, brano tributo tra soul ed R&B naturalmente dedicato all’intramontabile Re del Pop.
Il mix è sicuramente interessante, tra strofe ammiccanti che si adagiano su una chitarra drogata di effetti ed assoli ad alto coefficiente tecnico ma commisurati alla forma-canzone… a rimpiangere i bei tempi in cui anche nella musica pop deflagravano brevi solos (e dive bomb con la whammy bar) ad irrobustire brani di appena tre o quattro minuti.

Patinato e provocante oltre ogni misura fin dalla copertina molto più Bratz che Jimi Hendrix, “O” della guitar heroine Orianthi è un lavoro grintoso ed appassionato, che ibrida diversi generi in un mix che stordisce, pur senza mai allontanarsi dalla galassia di un onesto pop rock farcito di virtuosismi chitarristici.

Luca “Montsteen” Montini

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