Recensione: Oriental Beat

Di Mickey E.vil - 16 Marzo 2023 - 8:00
Oriental Beat
Band: Hanoi Rocks
Etichetta: Svart Records
Genere: Hard Rock  Punk  Rock  Rock 'n' Roll 
Anno: 2023
Nazione:
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85

È il 1981 e, in piena esplosione post-punk, i finlandesi Hanoi Rocks si trasferiscono in quel di Londra per godere della “salutare” compagnia di gentiluomini come Phil Lynott dei Thin Lizzy e quei pazzi dei Damned. Per la bellezza di duecento sterline al giorno, i cinque registrano Oriental Beat all’Advision Studio dove il produttore Peter Wooliscroft – completamente a digiuno di rock – cerca di far suonare gli Hanoi Rocks «come gli Spandau Ballet», come ricorda il manager Richard Bishop. La versione originale del disco, uscita nel 1983, non ha mai soddisfatto la band che non ha avuto modo di poter intervenire sui mix in quanto i nastri dei master erano scomparsi… Fino a quando non sono misteriosamente riemersi – di recente – negli archivi della Universal, occasione che gli Hanoi non si lasciano sfuggire per dare nuova vita al loro secondo album.

«I replicanti sono come ogni altra macchina: possono essere un vantaggio o un rischio», sentenziava l’ispettore Deckard in Blade Runner. Se sostituiamo la parola “replicanti” con “remix”, otteniamo a mio avviso una verità assoluta e, nel caso di questo lavoro, il vantaggio è evidente: dall’orribile, piattissimo mix originale privo di qualsivoglia personalità (giusto una negativa, se proprio vogliamo) si passa ora ad un sound potente, caldo, pienamente in linea con le migliori produzioni punk rock dell’epoca in cui Oriental Beat venne registrato. Il remix di Petri Majuri, in collaborazione con la band stessa, rende pienamente giustizia a questo bel disco, al punto che gli Hanoi Rocks considerano QUESTA versione il mix ufficiale e non un mero remix per celebrare i quarant’anni dell’album.

Tenendo presente che la nuova versione è caratterizzata da una tracklist modificata rispetto a quella originale, il disco si apre con l’energica title-track, splendido ibrido tra il punk primordiale dei Clash e il luccicante glam rock degli Sweet. La qualità del nuovo mix è resa evidente dall’introduzione di batteria di ‘Motorvatin’ che mentre nella versione originale – era il brano di apertura – sembrava creata con una drum machine di cattiva qualità, qui il martellante ritmo percussivo introduce un brano che farà scuola nel definire le coordinate per cui gli Hanoi Rocks sono amati e conosciuti. Oriental Beat è un disco carico di energia e di aspettative, sicuramente influenzato dall’onda lunga del punk rock inglese e dalle sue evoluzioni più raffinate, senza dimenticare però la lezione a stelle e strisce dei debosciati New York Dolls (come in ‘MC Baby’, sguaiata al punto giusto). Il blues drogato di ‘Devil Woman’, con tanto di armonica a bocca, accompagna l’ascoltatore verso la fine di questo grande lavoro: il commiato è affidato alla delicata ballata ‘Fallen Star’, dove il solo pianoforte accompagna la straziante voce di un Michael Monroe in stato di grazia.

Questa operazione è pensata per i vecchi e nuovi fan degli Hanoi Rocks: la versione definitiva di Oriental Beat darà ai primi la possibilità di ascoltarlo finalmente come si deve e ai secondi l’occasione di avvicinarsi a questa storica band partendo dalle radici “quasi punk” del loro primo soggiorno londinese.

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