Recensione: Origin
I testi dell’album compiono un viaggio tortuoso nella mente umana. Lì, da qualche parte nel profondo, dove tutto nasce. Con l’aiuto di queste canzoni, la speranza è quella di scoprire alcuni dei misteri dell’Io delle persone.
È questo il concetto che anima, alla base, il nuovo nonché nono full-length degli Omnium Gatherum, “Origin”. Un viaggio che è lievito fecondante, anche, per la modalità di scrittura dei singoli segmenti che compongono il full-length stesso nella sua lunghezza lineare.
Non che il loro caratteristico stile sia mutato granché. Questo no. Il quintetto finlandese ha sviluppato nel corso del tempo una sua foggia musicale ben definita, improntata su un death metal molto melodico. Pieno, potente, carnoso, che del death medesimo mantiene inalterato il growling possente ma modulato alla perfezione di Jukka Pelkonen. Cantante il cui timbro vocale aiuta davvero tanto a focalizzare l’attenzione su un sound vibrante, esplosivo, che esce letteralmente dagli altoparlanti (‘Friction’). E, ultimo ma non ultimo, in certi casi aggressivo come magari non ci si potrebbe aspettare. Un modo di rammentare da quale sia l’origine, appunto, del tutto.
Rispetto alla formazione che ha inciso “The Burning Cold” (2018), c’è stato un avvicendamento al basso (Mikko Kivistö al posto di Erkki Silvennoinen) ma, soprattutto, la rinuncia alla seconda chitarra, cioè a quella di Joonas Koto. Il che non è poco giacché quest’ultimo si occupava, pure, delle clean vocals. Con che, ad animare le liriche del disco ci pensa soltanto Pelkonen che, nel suo bagaglio, non mette altro che il predetto growling; anche se qualche coro pulito c’è sempre, come quello, per esempio, di ‘Paragon’. Il che non è assolutamente un male, poiché aggiunge forza alla grande peculiarità dei Nostri: l’antitesi fra dolcezza e ferocia. Come più su evidenziato, un cambiamento minimo che non inficia nel modo più assoluto la loro personalità, attualmente al massimo della loro espressione tecnico/artistica. Almeno, a parere di chi scrive.
Sì, poiché la vera novità di “Origin” insiste nel fatto che nelle varie tracce siano meno semplici e lineari del solito. Il grande lavoro svolto dalle tastiere Aapo Koivisto dona all’insieme un notevole taglio atmosferico, aiutando così quel cammino all’interno della psiche umana (‘Reckoning’, ‘Fortitude’).
E proprio a propositi di brani, c’è da rilevare un approfondimento del songwriting volto a renderli meno immediati e più complessi. Allungandoli, per prima cosa, rispetto alla media di quelli degli altri LP. Arrivando sino all’esplosività della suite conclusiva, ‘Solemn’, che mostra più di ogni altro episodio il sueriore talento compositivo posseduto dal combo di Kotka. Un talento che, come non mai, attraversa trasversalmente il platter, rendendolo coeso e compatto attorno al nucleo natìo della band. Un nucleo che in ogni caso si fa sentire ugualmente per via della circostanza che, comunque, in ogni caso, Pelkonen e compagni fanno dell’armoniosità una delle sezioni essenziali del loro marchio di fabbrica. Tanto è vero che nella già citata ‘Friction’, Markus Vanhala si esibisce tanto per dire in uno splendido assolo di matrice neoclassica. Del resto, i musicisti scandinavi hanno una preparazione mediamente superiore al resto del Mondo per cui ne beneficiano tutti i membri, nel concepimento di brani assolutamente coinvolgenti (‘Tempest’, ‘Unity’).
Non a caso, ‘Solemn’ rappresenta la summa di una grande vena compositiva che funge da struttura per la realizzazione di un qualcosa da collocare indefinitamente nella memoria. Da ascoltare ripetutamente per trasvolare la terra dei Mille Laghi con la spinta di improvvisi blast-beats e, quindi, di entrare in se stessi. Esattamente come da intenti primigeni.
Con “Origin” è stato compiuto un passo in avanti nella già splendida carriera del gruppo proveniente dal Kymenlaakso. In generale, quando nasce e cresce una nuova opera, spesso appare come migliore rispetto alla precedente. E, altrettanto spesso, estremamente difficile da accrescere nella globalità del suo contenuto.
Non per gli Omnium Gatherum.
Daniele “dani66” D’Adamo