Recensione: Origins Vol. 2
Dopo un’adolescenza turbolenta vissuta nel ghetto del Bronx, salvato dalla passione per la musica da un inglorioso futuro, Paul Daniel Frehley, detto “Ace”, per la capacità di acchiappare le rappresentanti del gentil sesso, viene reclutato (a seguito di un’audizione a cui si presenta indossando scarpe spaiate) da una neonata band che sotto il logo Kiss conquisterà, nel volgere di appena un lustro, popolarità planetaria.
Indossati nel gruppo vesti e makeup dello Spaceman, il chitarrista incorre, altrettanto rapidamente, in più di una dipendenza (fatte passare come problemi di adattamento alla gravità del nostro pianeta).
La sterminata serie di stravaganze, corbellerie pubbliche e incidenti automobilistici inanellata lo condurrà, nel 1983, alla dipartita dalla opprimente diarchia Simmons-Stanley e all’inizio dell’avventura solista, intrapresa con i Frehley’s Comet e destinata a ben altri risultati rispetto a quella del batterista Peter Criss, altro membro originario precedentemente fuoruscito.
Nonostante gli eccessi, che non hanno, comunque, mai seriamente invalidato capacità musicali e inventiva, Ace Frehley, sin dall’esordio con i Kiss, ha sempre mostrato originalità e coerenza adamantine che lo rendono, a tutt’oggi, icona rock amatissima e credibile.
Seconda tappa nel viaggio alle radici musicali di una delle chitarre soliste più talentuose di sempre, “Origins Vol.2” ripropone la fortunata formula del precedente “Origins Vol.1”: album con ospitate e rimpatriate, composto esclusivamente da cover di brani più o meno famosi, interpretate per e con divertimento personale.
Questa volta la scelta cade sui Led Zeppelin di “Good Times Bad Times”, su “Never In My Life” dei Mountain, pezzo meno noto, scelto per motivi affettivi (ascoltato per la prima volta ai tempi della scuola superiore ad un concerto parrocchiale di un amico e suonato in cameretta sino alla perfetta esecuzione), sui Deep Purple di “Space Truckin”, il cui testo sembra appositamente composto per l’Extraterreste. Il brano vede alle tastiere Rob Sabino, che si è esibito con gente del calibro di Peter Frampton e Simon & Garfunkel e che ha, altresì, offerto il proprio contributo alla prima uscita dei Frehley’s Comet.
Non mancano all’odierno appello i Beatles e i Rolling Stones, due gruppi che dal testo di “Pursuit of rock and roll”, brano originale del precedente album “Spaceman”, sappiamo essere particolarmente apprezzati da Ace. I primi sono presenti con “I’m Down”, offerta, anche grazie al contributo di John 5, in una versione dall’insospettabile verve rock, e i secondi con “Jumpin’ Jack Flash”, che vede al microfono Lita Ford.
Sono, inoltre, presenti sull’album i Cream con “Politician”, la stranota “Lola” dei The Kinks, “30 Days In The Hole” degli Humble Pie, con alla voce Robin Zander dei Cheap Trick.
“Manic Depression” dei Jimi Hendrix Experience, con alla chitarra Bruce Kulick, definito dallo stesso Frehley il migliore dei suoi sostituti nei Kiss, “Kicks” di Paul Revere & The Raiders, e “We Gotta Get Out Of This Place” degli Animals completano la scaletta.
Resta spazio per la bonus track “She” dei Kiss, resa ancora più cattiva e pesante dell’originale, contenuta nell’album “Dressed to kill”, con in coda parte del solo sfoggiato nell’esibizioni live, durante il quale Ace porta alla combustione la propria Gibson Les Paul utilizzando un fumogeno inserito nel pick up, effetto dallo stesso ideato.
Qual’è il contributo di “Origins Vol.2” alla carriera del nostro e alla storia del rock? Pari a zero.
Cionondimeno, l’album rappresenta l’ulteriore conferma delle sincere attitudini rock e delle abilità, anche vocali, del buon vecchio zio Ace che sembra non accusare il passare del tempo e mantiene inalterata l’abilità di cucirsi addosso i brani riproposti facendoli risultare freschi, energici, naturali e coinvolgenti.
A dirla tutta, in un periodo in cui tutte le certezze, anche economiche, sembrano volatilizzate, la pubblicazione di un altro album di cover costituisce per Ace l’occasione per monetizzare in maniera dignitosa il proprio intramontato talento, a differenza di quanto hanno fatto, per mera avidità, i Kiss, i quali negli ultimi anni hanno preferito a qualsiasi uscita discografica imbarcarsi in reiterati tour d’addio che non hanno mai davvero messo la parola fine alle oramai imbarazzanti esibizioni dal vivo.
“Origins Vol.2” offre il rassicurante piacere di ascoltare belle versioni di belle canzoni, interpretate con il gusto assolutamente personale di un musicista che ha saputo, con il proprio stile inconfondibile, influenzare intere generazioni di chitarristi.