Recensione: Orion

Di Stefano Ricetti - 29 Aprile 2016 - 12:30
Orion
Band: Bellathrix
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2016
Nazione:
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70

Il digipak di Orion, esordio discografico dei Bellathrix, si apre con la seguente presentazione, in seconda di copertina, con tanto di disegno esplicativo sulla pagina a fianco:

lf you look at the sky on a clear night,

you can see the mystery held within.

Microcosm and Macrocosm are two sides

of the same coin and they are strictly related.

Our Ancestors knew it and they used

to listen to what the stars were telling them.

Look where I point my finger,

that’s the constellation of Orion the Warrior

and on his left shoulder, close to his heart,

you can see Bellathrix, the ‘female’ Warrior,

the Amazon Star.

There will come a time when She will shine even brighter.

That will be the beginning of a new Era.

 

La storia dei Bellathrix prende inizio nel 2015 con l’obiettivo di rivisitare gli stilemi dell’HM di stampo classico, come peraltro presagibile dando una scorsa al libretto di dodici pagine contenuto all’interno della confezione del Cd. Il resto lo fanno le foto, inequivocabili e la presenza, fra gli otto brani in scaletta, di una cover di un pezzo della Strana Officina. Roba per palati fini e per intenditori, quindi, sensazione che si rafforza nel momento in cui, dando una scorsa alla formazione, si scopre che, accanto a tre gentili donzelle: Stefy Prian (voce, qui la sua intervista) e Lally Cretella (chitarra), fondatrici della band, seguite poco dopo da Elisa Pilotti (batteria), trovano spazio due colonne conclamate dell’heavy metal tricolore quali Pier Gonella (Necrodeath, Mastercastle, Vanexa) e Steve Vawamas (Athlantis, Mastercastle).    

L’inizio “delle danze” griffato Black Widow Records prende il nome di The Road in the Night, pezzo ove la carica metallica e metallara dei Bellathrix esplode in tutta la sua veemenza. La voce di Stefania Prian è pulita, lontana anni luce dalle distorsioni alle quali, in stampo classico, siamo abituati nel momento in cui giungono nel nostro Paese lavori provenienti dal nord Europa. Certo un po’ di sporcizia e cattiveria nell’interpretazione avrebbe giovato alla causa siderurgica del combo ligure, ma ci sarà tempo per affinare le armi, in futuro.

L’ascia chirurgica di Pier Gonella fa il bello e cattivo tempo in Before the Storm e già con Fly in the Sky, traccia dalla connotazione più melodica, Stefy Prian riesce a conferire il proprio marchio di fabbrica. My Revenge è un tuffo nel passato, precisamente negli anni Settanta anche se le tre Bellathrix (Stefy, Lelly ed Elisa), con un a prova particolarmente british fanno al meglio le Girlschool nel chorus.

Il lentone “robusto” del lotto prende il titolo di Don’t Believe a Word, brano ove il violino di Federica Pelizzetti accompagna al meglio le note della cantante ma la curiosità è tanta per The Ritual della Strana: i Bellathrix, saggiamente, si attengono all’arrangiamento originale e va detto che fa un certo effetto trovare la – bella – voce di Stefy Prian a rimpiazzare quella blues’N’heavy metal del grande “Bud” Ancillotti. Musicalmente il resto della band fa quanto deve anche grazie all’apporto dell’ascia di Tommy Massara degli Extrema consegnando ai posteri la coraggiosa cover di un brano che ha fatto la storia dell’HM tricolore.

Orion, la traccia numero sette, manca della potenza d’insieme necessaria per colpire appieno e il disco si chiude sulle note di – nome omen – King of Camelot: quattro minuti e venti secondi di dolce epica medievaleggiante dalle tinte folk, innervata dal flauto suonato da nientepopodimeno che Martin Grice dei Delirium.         

L’esordio dei Bellathrix preconizza un futuro di sicuro interesse in ambito heavy metal tradizionale e tradizionalista per il combo ligure. Come molti dischi “primi” non è esente da pecche, a partire da una produzione che non rende giustizia alla “botta” in pectore della quale Lally,Stefy&Co. sono in possesso. Il tempo è dalla loro parte, però: l’amalgama restituita dai chilometri macinati insieme nelle notti post concerto e cementata dalle schegge di legno che rimangono  attaccate sotto gli stivaletti dopo aver suonato sui palchi più improbabili del Belpaese farà il resto; i presupposti per canalizzare al meglio idee e nuove energie vi sono tutti.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti     

 

Foto di gruppo per CD (5)

 

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