Recensione: Orizzonti
Provenienti dalla provincia milanese, i Sunset sono una band hard rock che con “Orizzonti” da alle stampe il suo secondo lavoro, continuando sulla strada che punta a coniugare le sonorità e l’attitudine tipiche del genere con il cantato in lingua italiana. Sebbene ci siano stati in passato tentativi di artisti nostrani di incorporare elementi hard nella propria musica (si vedano i palesemente commerciali “Rossi”, “Ruggeri” o i maggiormente rock oriented Litfiba), lo scopo della formazione lombarda è, completamente, avulso dal cavalcare mode del momento ed esigenze di immagine, puntando, invece, alla presentazione di una proposta che resti fedele all’essenza del genere di riferimento, declinandolo attraverso la propria personale estetica e la propria lingua madre
L’album si apre con “Uno Spazio Per Pensare”. Brano che si sostanzia come un’ideale continuazione delle sonorità proposte in “Viaggio Libero”, caratterizzate però da un approccio maggiormente hard rock e vintage, rispetto al passato. A conferire ulteriore personalità al pezzo, ci pensano, inoltre, gli archi dei The Blazin’ Fiddles (formazione di musica celtica) che vanno qui a sostituire l’apporto che, in passato, fu dato da collaboratori illustri, quali: Graham Bonnett, Jennifer Batten e Wilko dei Rats. In definitiva, si tratta di un’ottima opener che definisce, inequivocabilmente, il tiro e le coordinate su cui Simon Locatelli e Demetrio Caracciolo, nuovo chitarrista e membro centrale della formazione, hanno deciso di imperniare il sound della band.
Altro pezzo degno di nota, “Nuovo Orizzonte”, introdotta da un acuto in sol5 del singer Simon, a far da preludio ad una prestazione degna dei migliori interpreti internazionali che trova la sua perfetta quadratura del cerchio in un ritmo teso e sostenuto; ed in un testo dall’attitudine, fortemente, rock nel suo celebrare la libertà e il viaggio.
La terza traccia, “Il Lupo E Il Bracconiere”, è invece una cover del brano omonimo di Ivan Graziani, pubblicato in una raccolta postuma del 2004. Curioso notare come le radici hard rock di Graziani abbiano trovato uno sviluppo ed un’evoluzione, e probabilmente, da rocker e chitarrista, lo stesso avrebbe apprezzato.
E’ ancora hard rock, con sonorità a cavallo tra fine 70s e inizio 80s quello che domina “Le Tue Verità II”; per poi passare a “Verso Timbuctù”, altro breve intermezzo che richiama alle mente i Litfiba di “El Diablo”; mentre “Tornerò Da Te” è la prima canzone del disco ad affrontare il tema dell’amore, senza però scemare nel classico cliché della ballad malinconica cui molti – troppi – artisti ci hanno – ahimé – abituato.
Interessante anche la scelta di produzione del disco. Ovvero, un lavoro registrato con un approccio d’altri tempi, senza troppi trucchi di produzione, privilegiando l’impatto live e l’esecuzione. Idem il mastering che segue anch’esso questa tendenza, evitando volumi e compressioni eccessive, mirando quasi a voler ricreare le atmosfere e le sonorità tipiche del vinile.
“Al Di Là Delle Nuvole” è un altro degli episodi più trascinanti del disco, dove è facile intuire la passione della band per i Led Zeppelin. Pregevole l’assolo di chitarra di Demetrio Caracciolo: istintivo, senza inutili tecnicismi ed un finale sfumato con acuto ad ulteriore riconferma delle intenzioni del gruppo. In “Oltre Confine” fa capolino il west e la frontiera americana; mentre “Le Tue Verità I”, stranamente posta in scaletta dopo la parte II, è invece una ballad arricchita da percussioni latine ed armonica che, pur essendo musicalmente riuscita, finisce per configurarsi come l’episodio meno originale e riuscito del disco, in virtù di uno stile che ricorda molto – troppo – da vicino i Negrita.
“Rebelde”, invece, è un altro dei momenti trascinanti dell’album. Un brano dedicato alla figura di Gesù Cristo, visto, però, come il primo ribelle della storia e non come icona religiosa. Difficile ed inappropriato, quindi, etichettarlo come “Christian Rock”; anche in virtù di una matrice marcatamente hard cui fa da corollario una strofa che nella sua progressione finisce quasi con il richiamare “Jesus Christ Superstar” a mò di quasi citazione.
Siamo in dirittura d’arrivo e c’è spazio ancora per altri due brani: “Chi Si Ferma Più” e “Danger Zone” (l’unico brano in inglese del lavoro). Due cavalcate ad alta energia cui spetta il compito di chiudere, degnamente, un album sincero ed appassionato.
In sostanza, un buon lavoro che pur non brillando per innovazione e originalità, finirà per soddisfare a pieno tutti gli amanti di determinate sonorità, nonché coloro che sono alla ricerca di qualcosa di diverso da ciò a cui la scena nazionale ci ha abituati. Un disco composto e suonato con uno spirito ed un approccio d’altri tempi. Il degno frutto dello sforzo di una band che fa ciò che crede, incurante di mode e top ten, spinta avanti soltanto dal proprio impegno e dalla propria passione. Da ascoltare.