Recensione: Our Souls To You
Ogni tanto mi capita di chiedermi che fine abbia fatto, nel metal di oggi, l’influenza dei Killing Joke. La seminale industrial band inglese di Jaz Coleman ha infatti plasmato parte dello stile di gruppi semplicemente fondamentali per la scena metal e non solo: basti pensare ai Metallica, ai Napalm Death, a mille altri. Anzi, forse proprio la cover di The Wait eseguita da Hetfield & co. ha rappresentato il punto di contatto più stretto tra il mondo prettamente metal e gli inglesi in questione. Poi, salvo eccezioni anche importanti ma sporadiche, il nulla nelle nuove generazioni.
Questo almeno finché non sono arrivati gli October File, nemmeno a dirlo inglesi pure loro, che hanno deciso di riprendere il suono di Coleman e soci, metallizzarlo e renderlo ancora più abrasivo, e avvicinarlo al metal estremo; qualcosa già tentato con risultati ottimi ma diversi dai norvegesi di culto Red Harvest.
Gli October File hanno quindi pubblicato un già interessantissimo debutto nel 2004, diversi EP in rapida successione, la svolta promozionale Holy Armour from the Jaws of God (per Candlelight Records) e, ora, il loro vero capolavoro: questo nuovo Our Souls to You, sempre per l’etichetta loro connazionale.
Descriviamo brevemente il loro sound: riff di chiarissimo stampo industrial, con ripetizione ipnotica di pattern ritmici e un basso pulsante e squadrato; una voce che deve ovviamente molto a Coleman, ma che aggiunge un’espressività diversa, più estrema, al suo timbro; e soprattutto un feeling epico degno del miglior industrial/death/thrash metal degli anni recenti, e torniamo con questo ai Red Harvest di Sick Transit Gloria Mundi. I chorus sono il vero valore aggiunto di Our Souls to You: sempre melodici e sempre epici, si sovrappongono alla violenza di chitarre e sezione ritmica con la giusta dose di contrasto e rendono davvero interessanti i singoli pezzi che compongono l’album. Tanto che diventa persino difficile sceglierne qualcuna a esempio: Falter e Dredge sicuramente spiccano, ma potremmo citare ogni canzone per descrivere l’atmosfera apocalittica che, da bravi industrialisti, gli October File ci regalano.
Basta anche solo sentire il riff principale di Eau Du War, semplice, ripetitivo e minaccioso; la partenza punkeggiante di Isolation, con quella batteria che sembra martellare su tavoli da fabbro; e il generale senso di catastrofe incombente che costituisce il vero, stupefacente risultato di un album come questo. Presagi nefasti che, uniti alla non certo ottimistica e positiva mentalità espressa dalle lyrics, ovviamente anti-sistema e fortemente politicizzate, completano il quadro di un disco che sa ricevere insegnamenti, farli propri e riproporli una volta ben digeriti.
Unico problema possibilmente all’orizzonte: la ripetitività. Con musica tanto schematica, per quanto costantemente ad altissimi livelli, si può rischiare di avvertire dopo un certo numero di canzoni una sensazione di deja-vu, ma c’è da dire che gli October File limitano la cosa semplicemente inserendo punti di interesse in ogni pezzo, senza quindi filler a fare solo numero in tracklist.
Se quindi dei Red Harvest abbiamo temporaneamente perso le tracce (soprattutto per i problemi di salute del suo cantante) e di altri eredi di questo sound non ne vediamo all’orizzonte, tranquilli: gli October File, zitti zitti, dalla loro oggi metallicamente sottovalutata Gran Bretagna ci regalano un album (anzi due, considerando il remix di Justin Broadrick, del tutto simile all’originale a dire il vero) capace di riempire benissimo il vuoto.
It’s a Dog Day Sunrise…
Alberto Fittarelli
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Tracklist:
CD 1:
1. Crawl
2. Corporate Evasion
3. Falter
4. Dredge
5. Eau Du War
6. Our Souls to You (Part 1)
7. A Public Display of Anger
8. Isolation
9. September
10. Love Is (A Warm AK47)
11. Our Souls to You (Part 2)
CD 2:
1. Crawl
2. Corporate Evasion
3. Falter
4. Dredge
5. Eau Du War
6. Our Souls to You (Part 1)
7. A Public Display of Anger
8. Isolation
9. September
10. Love Is (A Warm AK47)