Recensione: Ours Is The Storm
Dieci anni di carriera, sei album, un contratto solidissimo con la Metal Blade Records, tour su tour in giro per l’Europa. Cos’hanno in più, i Neaera, rispetto a tanti colleghi che non riescono a sfondare? Difficile dirlo. Fra le tante risposte, una è senz’altro vera: l’incredibile stabilità della formazione, immutata dagli esordi in quel di Münster nell’ormai lontano 2003. Una solidità che fa da basamento a una rara continuità creativa e realizzativa: “The Rising Tide Of Oblivion”, 2005; “Let The Tempest Come”, 2006; “Armamentarium”, 2007; “Omnicide – Creation Unleashed”, 2009; “Forging The Eclipse”, 2010, e, infine, questo “Ours Is The Storm”.
Va da sé che, giunti a questo punto, è possibile che sorga qualche segno di stanchezza o di mancanza d’idee, nella mente dei Nostri. Dopotutto l’arte non è assimilabile a una catena di montaggio dovendosi al contrario confrontare costantemente con la vena creativa degli autori che, a volte, può esaurirsi per i più diversi motivi. Non ultimo, magari, un eccesso di produttività. Questa premessa, se da una parte può essere foriera di cattivi presagi per la riuscita di “Ours Is The Storm”, dall’altra è imprescindibile per arrivare ad affermare il contrario: i Neaera continuano a crescere, in tutti i sensi.
L’aspetto tecnico, innanzitutto, mostra il raggiungimento di una perfezione tutta teutonica in ogni singola fase del processo costruttivo del CD. L’esecuzione, difatti, è semplicemente impressionante per il suo ordine e la sua pulizia, anche quando Benjamin Hilleke e i suoi compagni spingono con violenza il piede sull’acceleratore lambendo gli eccessi dei blast-beats. Il rigore con cui essi si applicano è assoluto e non concede alcun margine per errori e/o indecisioni di sorta. Il tremendo ‘wall of sound’, caratteristico del deathcore come insegnano anche i connazionali e fraterni amici Heaven Shall Burn, ha nel caso dei Neaera una consistenza addirittura fisica, premendo ai limiti dell’insostenibilità il petto di chi ha l’ardire di girare con decisione la manopola del volume. Senza che si perda, però, nemmeno una briciola in fatto di precisione e compattezza ritmica. Oltre a questo non possono mancare le lodi a una produzione spettacolare, tesa a curare ogni minimo dettaglio. Dal tipico flavour secco e arcigno che marchia le migliori realizzazioni *-core, al calor bianco di una potenza sovrabbondante il cui valore rimane sempre ‘nel rosso’ senza che si raggiunga la saturazione. Esemplificativo, in tal senso, il suono del basso di Benjamin Donath: una vera bomba! Insomma, si tratta di un sound debordante, moderno, devastante, dall’intensità elevatissima ma lucido e intelligibile quasi in modo disarmante per ogni secondo che sagoma i tre quarti d’ora di durata del platter.
Se la continua e costante evoluzione tecnica è un fattore cui ogni musicista professionista dovrebbe tener debito conto per una maturazione in un certo senso dovuta, diverso è il discorso per quanto riguarda la capacità di scrivere canzoni. In questo caso o se ne possiede il relativo talento, oppure no. Songwriter, in fondo, si nasce. E così sembra proprio essere per il quartetto tedesco. Malgrado “Ours Is The Storm” non sia un lavoro che colpisca particolarmente, al primo ascolto, esso fonda proprio il suo valore sulla necessità di trascorrere molto tempo in sua compagnia per entrarne nell’anima. Benché la melodia non sia certamente una componente secondaria, nella musica dei Nearea, l’aggettivo ‘accattivante’ non trova riscontro in nessuna delle song del disco. “Ours Is The Storm” non è di semplice ascolto, non segue nessuna facile moda, non è un prodotto da mainstream: i dodici brani che lo compongono sono delle vere e proprie mazzate sulla schiena, non ci sono soluzioni di continuità nella tremenda erogazione di brutale energia, non c’è spazio né per ballate, né per arpeggi, né per qualsiasi altra forma di addolcimento. In più, il mood imperante è rivolto verso sentimenti poco affabili quali una certa malinconia e un deciso senso drammatico. A dispetto di ciò quasi incredibilmente, dopo un po’, tutti i pezzi s’infilano nel cervello per risuonare con insistenza in lungo e in largo nella scatola cranica. Probabilmente la bravura dei Neaera consiste proprio in questo: entrare con facilità nelle persone con la furia devastatrice di un progetto musicale in teoria assimilabile, per durezza, solo e soltanto dagli scafati frequentatori delle desertiche lande del metallo più estremo.
Poche altre parole, per terminare: “Ours Is The Storm” è lo stato dell’arte, oggi, del deathcore. Onore e gloria ai Neaera, quindi, e alla loro maestria a tutto tondo.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce
01. The Deafening 0:41
02. Ours Is The Storm 3:27
03. Decolonize The Mind 3:27
04. Through Treacherous Flames 4:17
05. Ascend To Chaos 3:58
06. Walk With Fire 3:44
07. My Night Is Starless 3:48
08. Black Tomb 4:41
09. Between Us And Annihilation 3:53
10. Slaying The Wolf Within 4:04
11. Back To The Soul 3:59
12. Guardian Of Ashes 4:29
Durata 44 min.
Formazione
Benjamin Hilleke – Voce
Stefan Keller – Chitarra
Tobias Buck – Chitarra
Benjamin Donath – Basso
Sebastian Heldt – Batteria