Recensione: Out In The Cold
E’ tempo di album solista anche per l’ex singer degli At Vance e attualmente in forze ai nostrani Empty Tremor, scoperto e lanciato nel panorama metal dal “solito” Sascha Paeth (non a caso coproduttore dell’album), che lo aveva invischiato nelle altre sue creature Aina, Avantasia, Genius e Rhapsody.
L’artista è maturo dal punto di vista vocale, non v’erano dubbi – è grazie a lui che si erano distinti gli At Vance con il loro power a tinte AOR di classe – ma oggi scopriamo che lo è anche dal punto di vista compositivo, con un album che si affianca per molti versi a ciò che Jorn Lande ha iniziato con i Millenium, prima, e con i suoi lavori solisti, poi.
Le influenze dei classici, Whitesnake e Stangeways su tutti, vengono ben mescolate con l’AOR giocoso dei Dare (“What If” ha un flavour quasi da musical, con quei coretti allegri, ma “The Same Again” e “Can You Tell Me Where Love Has Gone” non sono da meno) e con gli arrangiamenti neoclassici gentilmente concessi da Miro Rondenberg (coproduttore, già attivo nei lavori di Kamelot e Ark). Completano la line-up Bod Schopf dei MSG alla batteria, Armin Donderer dei Paradox al basso, il tastierista Jurgen Wust e Ina Morgan per le female vocals tanto importanti nei cori dei refrain.
Tra up-tempo (la dirompente titletrack e “Alive Again”, non a caso ai primi due posti in tracklist, su tutte) e ballad (le ottantiane “I Will Carry On” e “The Journey” che addirittura ricorda, e non so se il titolo è casuale, la band di Schon e Perry) il disco scorre velocemente, e non sembrerebbe durare i 52 minuti effettivi, ma tant’è che la voce di Hartmann è così adagiata e coinvolgente che non potrebbe essere altrimenti.
Quando Hartmann si diletta nel ripercorrere le orme dei classici, soprattutto quelli happy degli eighties, sembra quasi di riascoltare alcune melodie vocali helloweeniane dell’ultimo periodo di Michael Kiske, o dello stesso Kiske solista (“Listen To Your Heart”), mentre poco convincenti risultano le aperture al pop più moderno, in primis la scelta della cover “Brazen”, tratta da Post Orgasmic Chill degli Skunk Anansie.
In chiusura, “Into The Light”, carica di pathos e d’epicità, come un tempo ad assumere il ruolo del commiato dai fan.
Un centro perfetto, direi, un disco che ha ben pochi punti deboli, che ci regala un singer proiettato nell’olimpo delle nuove voci metal, emulo di Lande e Allen, sicuramente ben visto dai mostri sacri in cerca di nuovi eredi. Da avere.
Tracklist:
- Alive Again
- Out In The Cold
- Brazen
- The Same Again
- I Will Carry On
- What If I
- How Long
- The Journey
- Who Do You Think That You Are
- Listen To Your Heart
- Can You Tell Me Where Love Has Gone
- Into The Light