Recensione: Out Of The Tunnel’s Mouth
Stephen Richard Hackett è una leggenda vivente. Dopo una lunga militanza nei Genesis, altra leggenda, ed una lunga e prolifica carriera solista, Steve ha comunque difficoltà a far uscire questo Out Of The Tunnel’s Mouth, la cui release slitta a causa delle beghe legali sul copyright conseguenti al suo divorzio (la casa discografica era in comproprietà con la ex moglie); si vede quindi costretto nel 2009 a fondare una propria casa discografica, la Wolfwork Record, e a distribuire il nuovo disco sul proprio sito ufficiale e durante i live show.
Nel corso dell’attuale 2010 la InsideOut Music, garanzia di qualità, distribuisce un’edizione speciale del lavoro comprendente un bonus cd con cinque pezzi live ed un inedito.
Hackett è sempre stato un compositore talentuoso ed un ottimo musicista, e questa uscita non fa che confermarlo. Registrato nel soggiorno della propria casa londinese, Out Of The Tunnel’s Mouth appagherà appieno l’attesa dei suoi fan durata oltre tre anni.
Non c’è un apparente filo conduttore che lega i brani del platter, l’unica costante si chiama qualità. Per il resto si rimbalza dal progressive alla world music passando per sprazzi di blues, il tutto ottenuto con una sbalorditiva varietà di ospiti e strumenti. Manca la batteria suonata, ma l’ascolto porta decisamente in secondo piano questo aspetto; tanto che, a ben vedere, non se ne sente affatto la mancanza.
Le danze si aprono con Fire On the Moon, ed è difficile immaginare un’opener migliore; si alternano qui strofe sognanti, con la voce di Steve che fluttua su di una melodia cullante, con parti decisamente più energiche, nelle quali pulsa a ritmo di bolero il basso di, udite udite, Chris Squire. Da brividi l’assolo finale di Hackett, maestoso grazie al suo inconfondibile tocco.
Nomads è introdotta da un’acustica in stile flamenco la quale lascia spazio ad un brano in principio piuttosto rilassante e malinconico fino ad esplodere in un vivace assolo spagnoleggiante, il quale lascia a sua volta campo libero all’elettrica accompagnata nuovamente dal basso di Squire. Il tutto è arrangiato con gran gusto, per un risultato molto piacevole e dal forte sapore gitano.
Emerald And Ash è una medaglia a due facce: la prima sognante e dolce, la seconda più ritmica ed oscura. Il pezzo funziona bene nel suo complesso, pur lasciando qualche dubbio sull’organicità delle sue due fasi. Da segnalare la presenza di Anthony Phillips, predecessore di Steve nei Genesis, con la sua 12 corde; sicuramente una chicca per gli amanti della storica band inglese dal momento che i due non avevano mai duettato.
Tubehead si snoda lungo ritmiche sostenute ed effetti a ripetizione; nonostante Hackett sembra divertirsi in questa veste rock, la traccia sembra un po’ una nota stonata all’interno della tracklist: godibile il giusto, ma disarmonica col resto del lavoro.
Sleepers è l’highlight assoluto di Out Of The Tunnel’s Mouth. Anche in questo caso siamo in presenza di un brano dai due volti. Da brividi il lungo intro di acustica e synth, come altrettanto da brividi è la voce di Amanda Lehmann, sorella dell’attuale compagna di Hackett, Jo, anche lei presente nei cori di un pezzo del presente lavoro (Still Waters). La seconda parte continua sulla melodia precedente ma decisamente più ritmata, lasciando ampio spazio alle digressioni strumentali di Steve, di Phillips, anche qui presente, e del resto dei musicisti, King in testa. Il finale torna su toni sommessi a completare un pezzo incantevole, impreziosito da un lavoro straordinario sugli arrangiamenti.
Ghost In The Shell non muta il copione ormai familiare dell’intro di acustica che lascia campo libero alla chitarra elettrica, e risulta poco più di un intermezzo; ottimo il lavoro al basso fretless di Beggs; piacevole ma sicuramente non imprescindibile.
La blueseggiante Still Waters, forte di un coro femminile che le conferisce un certo interesse ed un’inflessione al limite del gospel, si lascia ricordare anche per un assolo finale, sempre su sonorità blues, molto ben riuscito ed apre la strada per l’intenso finale rappresentato da Last Train To Istanbul, caratterizzata da sonorità mediorientali ed adornata da una ricchezza strumentale degna di nota, con la partecipazione di flauto, sitar, violini e sax soprano. Un epilogo che, pur non essendo niente di innovativo, rende giustizia ad un album di gran classe.
Nel bonus cd sono contenuti quattro pezzi live dell’era Genesis, tra i quali vanno sottolineati l’intensa Blood On The Rooftops e l’evergreen Firth Of Fifth, ed un brano di Hackett (A Tower To Struck Down), tutti registrati durante la calata italica del chitarrista londinese nel corso del 2009. A chiudere il tutto c’è l’inedita Every Star In The Night Sky, con tanto di reprise da Sleeprs, che non avrebbe affatto stonato nella tracklist del lavoro principale.
Out Of The Tunnel’s Mouth è un disco intenso, elegante, egregiamente composto ed ottimamente arrangiato ed eseguito. Hackett si conferma, semmai ce ne fosse bisogno, musicista di gran classe e difficilmente etichettabile, com’è giusto che sia per chi da oltre quarant’anni vive di musica e per la musica.
Massimo Ecchili
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Tracklist:
01. Fire On The Moon
02. Nomads
03. Emerald And Ash
04. Tubehead
05. Sleepers
06. Ghost In The Glass
07. Still Waters
08. Last Train To Istanbul
Special Edition Bonus CD:
01. Blood On The Rooftops (live)
02. A Tower Struck Down (live)
03. Firth Of Fifth (live)
04. Fly On A Windshield (live)
05. Broadway Melody Of 1974 (live)
06. Every Star In The Night Sky
Line-up:
Steve Hackett – guitars, vocals
Nick Beggs – bass, Chapman Stick
Dick Driver – double bass
John Hackett – flute
Roger King – keyboards, programming
Lauren King – backing vocals
Ferenc Kovaks – violin
Amanda Lehmann – vocals
Jo Lehmann – backing vocals
Anthony Philips – twelve string guitar
Chris Squire – bass
Christine Townsend – violin, viola
Rob Townsend – soprano sax