Recensione: Ov Rituals, Ov Ancestors, Ov Destiny

Di Gianluca Fontanesi - 10 Luglio 2020 - 0:01
Ov Rituals, Ov Ancestors, Ov Destiny
Band: Pandrador
Etichetta:
Genere: Death 
Anno:
Nazione:
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82

Una delle cose belle del nostro genere preferito è che, nel caso uno avesse voglia di usare il badile e non fosse fossilizzato ai soliti quattro nomi, scavando prima o poi il tesoro arriva sempre. Parliamo oggi del frutto di una di queste spedizioni archeologiche, e che frutto! I Pandrador compaiono dal nulla in un’anonima finestrella su Bandcamp in una ridente e cocente giornata di giugno; lo stato di sublimazione dell’ascoltatore dovuto al caldo si trasforma presto in un “Ho visto la Madonna!” con apparizioni mistiche e pronuncia alla Rambaldo Melandri. Il motivo è presto detto: signori, questo disco è una bomba.

I Pandrador vengono dalla Polonia e, dopo un demo targato 2017, si presentano al grande pubblico col primo full length, che ha tutte le carte in regola per finire tra gli highlight di questo funesto anno. Quello che ci si presenta alla pressione del tasto play è un quadro d’insieme notevole e nel quale si fatica parecchio a trovare un difetto. I nostri suonano un death metal con radici ben chiare, imparando la lezione soprattutto da Decapitated e Vader per poi riproporne un mix che definire riuscito è riduttivo. Gli otto brani proposti non lasciano respiro all’ascoltatore e sono quanto di meglio si possa chiedere in ambito estremo al giorno d’oggi: violenza, tiro e una gran pacca sono all’ordine del giorno nel pianeta Pandrador e ce n’è per tutti i gusti.

Ov Rituals, Of Ancestors, Ov Destiny è suddiviso in tre parti e prende spunto dal patrimonio culturale scandinavo. La prima parte presenta una prospettiva spirituale, la seconda una prospettiva umana e la terza si focalizza sulla caduta dei due pilastri precedenti, posti alla base della civiltà. Il disco è prodotto in maniera disumana e suonato da una band matura in maniera sorprendente. Il songwriting è a un livello piuttosto alto e in certi arrangiamenti sembra stiano davvero suonando Vogg e il compianto Vitek; il basso si sente perfettamente e la sezione ritmica è devastante oltre che molto varia. Il death metal che esce dalle casse è ben ancorato alla vecchia scuola ma porta anche avanti un discorso di imprevedibilità con soluzioni moderne mai banali e mai telefonate. La voce di Mateusz non lascia scampo ed è un growl piuttosto versatile e potente, sempre sul pezzo e che fortunatamente non dà spazio a variazioni.

Inspiegabilmente, e ve ne renderete conto anche voi ascoltando il disco, i Pandrador non hanno una label e il motivo risulta un gran bel mistero. La band polacca ha le carte in regola per poter calcare i palchi di tutta Europa e conquistare una fanbase che sarebbe meritata. Nulla qui è stato lasciato al caso, nemmeno l’edizione in cd che viene offerto in vinyl replica per dimostrare il grande attaccamento della band al giradischi. Siamo certi che sentiremo molto parlare di loro, e con un biglietto da visita del genere sarebbe sorprendente che non fosse così. Date una chance a questi ragazzi, siamo certi che non ve ne pentirete.

 

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