Recensione: Over A Decade Of Perversions

Di Matteo Bovio - 21 Novembre 2002 - 0:00
Over A Decade Of Perversions
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Anno: 2002
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75

Anche le storie più belle finiscono: ecco così giungere al capolinea la fruttuosa collaborazione che ha visto uniti i Carpathian Forest e la italiana Avantgarde Records. Una storia segnata da un 7″, un Mcd e 4 full-lenght (escludendo la ristampa dei demo): mica male! Come addio prima di passare sotto Season Of Mist la band ci regala questo ultimo lavoro, pubblicizzato come un “2 cd in 1”, in quanto contenente alcune tracce nuove più un intero live. Non ho più dubbi al riguardo, i norvegesi in questione sono i definitivi eredi del trono nero. Oggigiorno sono sempre più le bands che per colpire devono fare i funamboli sospesi su un filo; i Carpathian Forest riescono invece a farlo rimanendo in equilibrio contemporaneamente su due tracciati divergenti: riportano in vita lo spirito dei tempi che furono, e contemporaneamente guardano avanti, divenendo di volta in volta sempre più personali e riconoscibili. Questo “We’re Going To Hell For This – Over A Decade Of Perversion” è da prendersi più come un intermezzo che come un vero nuovo lavoro, soprattutto per la pochezza di materiale realmente nuovo, ma non manca di portarsi all’altezza delle altre release, al punto che al momento lo preferisco sotto molti aspetti al suo predecessore Morbid Fashination Of Death.

Si inizia con “The Angel And The Sodomizer”, traccia che riporta in vita il suono del loro primissimo Mcd: il tutto con un suono più pulito, ma non tanto da far perdere il feeling che sempre li ha caratterizzati. Non mancano però stacchi che riportano in mente le altmosfere del loro ultimo lavoro, quasi a voler creare una certa continuità, un filo conduttore che leghi ogni episodio della loro carriera. La successiva traccia, “I’m Possessed” si rivela essere la più particolare, interessante, e forse anche la più… bastarda; insomma, chi conosce e segue la band ha capito cosa intendo.

Ma diamo un’occhiata alle cover: sapevo, avendolo letto su un’intervista, che Nattefrost da giovane aveva ascoltato molto punk e rock’n’roll. Mai però sai arrivato ad immaginare che avrebbe realizzato una cover dei Discharge!!!! E invece così è stato… Inizia poi un mini tour a ritroso, quasi tributario nei confronti dei padri e dei precursori del black: ci vengono proposte in successione “In The Shadow Of The Horns” dei Darkthrone e “In League With Satan” dei Venom. A chiudere la parte dedicata alle tracce in studio troviamo la seconda parte di “The Good Old Enema Treatment”, dove i nostri si rivelano più malati e blasfemi di quanto credessi… ma non vi anticipo nulla.

Per quello che riguarda le tracce dal vivo non c’è molto da dire. Il suono è marcio, come tradizione vuole, forse anche un pelino troppo, visto il tipo di band… La prestazione è altalenante, passando da esecuzioni bellissime tipo in “Sadomasochistic” ad altre che non riescono a riprodurre il medesimo feeling della produzione in studio. I classici ci sono quasi tutti (compresa “He’s Turning Blue” in una versione grezzissima!!!), anche se mancano pezzi fondamentali come Black Shining Leather e Suicide Song… Non riesco proprio a vedere questo lavoro come un cd a sè stante, così come la Avantgarde vorrebbe farcelo passare… Mi sembra più corretto considerare tutta la parte live come un grande complemento al prodotto.

Il voto sarebbe potuto essere più alto, ma non posso dimenticarmi che il materiale effettivamente nuovo è poco (anche se ottimo) e il prezzo quello di un full-lenght. Nonostante questo prescrivo obbligatoriamente questo cd a chiunque segua la band fin dagli esordi, come nel mio caso: le nuove tracce non potranno non farvi venire l’acquolina alla bocca per l’attesa del probabile nuovo lavoro sotto Season Of Mist. I Carpathian Forest ci danno un ulteriore segnale del loro volersi fermare sul suono di quella perla che porta il nome di Strange Old Brew, lasciando un po’ indietro gli elementi classici del suono Black ma non dimenticando per questo le proprie origini. Un investimento da considerare con particolare attenzione.
Matteo Bovio

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