Recensione: Övergivenheten

Di Daniele D'Adamo - 19 Agosto 2022 - 0:00
Övergivenheten
Band: Soilwork
Genere: Death 
Anno: 2022
Nazione:
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82

Sono passati ormai due anni dall’EP d’assaggio “A Whisp of the Atlantic”. Anni travagliati per via dei ben noti problemi endemici, che hanno rallentato l’incubazione del dodicesimo album in carriera dei Soilwork, “Övergivenheten”. Ma, anche, che hanno consentito l’innesto senza difetti di un bassista… titolare, è cioè Rasmus Ehrnborn. Per una formazione a sei elementi che, a parere di chi scrive, è la migliore delle basi per sviluppare con la massima versatilità e minuziosità le più ardite idee musicali.

‘Övergivenheten’ è anche l’opener-track, che dimostra immediatamente che la classe cristallina posseduta dai Nostri non si è affievolita nemmeno di un grammo dal lontano 1996, quando essi si sono formati attorno all’imperituro nucleo che risponde al nome di Björn “Speed” Strid. Cantante fenomenale, dotato di un’estensione vocale ampia e modulabile a comando, nonché ispirato da una ferrea volontà stacanovista, preso atto dei tanti progetti cui ha partecipato e partecipa, primo fra tutti l’ispirato hard rock dei The Night Flight Orchestra.

“Övergivenheten”, il disco, si può dire che rappresenti un punto fermo della carriera del combo svedese. Un’affermazione importante ma che trova facile riscontro in un prodotto adulto, maturo, che raggruppa e migliora tutte le precedenti esperienze. Un LP che travalica ogni classificazione, ogni definizione. Tant’è che, anche a livello istintivo, discutere di melodic death metal è assai riduttivo. Certo, il genere alla fin fine è questo ma inteso con un focus che esplora a 360° le più moderne ramificazione del genere stesso. Il che significa che è stato raggiunto il punto (fermo) della migliore espressione musicale che la band, oggi, sia in grado di forgiare con il sacro fuoco dell’arte.

Sorretti da un sound assolutamente perfetto in ogni sua componente, i Soilwork danno il loro meglio con una naturalezza disarmante. La quale funge da lievito fecondante per un spirito compositivo eccelso, anch’esso a livelli di assoluta qualità e consistenza. Chi dovesse pensare a qualcosa costruito per il mainstream, tuttavia, compirebbe un errore marchiano. Anzi, per entrare letteralmente nell’anima e nello spirito di “Övergivenheten” occorre un lasso di tempo non indifferente. Ed è qui che si misurano, anche, le virtù. Virtù nel saper elaborare delle melodie che, lungi dall’essere di facile presa o stucchevoli, si schiantino all’interno della scatola cranica per rimbalzarvi in lungo e in largo, e a lungo. Del resto, non mancano episodi più aggressivi (‘Electric Again’, ‘Vultures’), accelerati dai blast-beats e sottolineati da un aspro growling, che rammentano, comunque, l’appartenenza all’infinito mondo del metal estremo.

Un’opera coesa e compatta, insomma, che manifesta la sua bontà grazie, e si direbbe soprattutto, a un insieme di canzoni baciate da un songwriting dorato. La durata complessiva supera l’ora ma non arriva mai la noia. Anzi, a mano a mano che si sommano i passaggi il CD s’insinua sotto la pelle, entrando in sintonia con l’ascoltatore. Un fatto piuttosto raro, in questo periodo storico in cui regna la deflazione della qualità artistica per via di un esagerato numero di protagonisti scevri dal talento indispensabile per scrivere delle belle canzoni.

“Övergivenheten” no. Rappresenta proprio l’opposto. Un lavoro ad alto impatto emotivo sia per quanto riguarda la massima professionalità profusa nell’esecuzione, sia per quanto riguarda, soprattutto, la creazione di brani memorabili. Tutti. Che saranno, anzi si può dire che lo siano già, lo standard ottimale da prendere a esempio quale rivelazione di uno sterminata bravura nel creare dal nulla tracce piene zeppe di metallo lucente, di ritornelli clamorosamente orecchiabili, di assoli travolgenti Di potenza sfavillante, di ritmi freschi, scoppiettanti e irresistibilmente trascinanti, di alte vette di profonda emotività, di sentimenti palpabili per quanto intensi.

Alla fine la domanda con la d maiuscola ha una risposta. «I Soilwork?». «Semplicemente, fra i primi dei migliori!».

Daniele “dani66” D’Adamo

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