Recensione: Overkill
“Safe Sex, Safe Music,
Safe Clothing, Safe Hair Spray,
Safe Ozone Layer.
Too Late!
Everything That’s Been Achieved
In The History of Mankind
Has Been Achieved By
Not Being Safe…”
Lemmy
Con questa citazione, che uscì a suo tempo dalla bocca di Lemmy in carne ed ossa, esordisce il bellissimo booklet del secondo lavoro dei Motörhead, primo però, in ordine cronologico, se ci si limita a considerare la “triade 79-80”. “Overkill” infatti è stato concepito fra il dicembre del 1978 e il gennaio del 1979 nei Roundhouse Studios e Sound Development Studios sotto la supervisione di Jimmy Miller ( che si occuperà della produzione anche del successivo “Bomber” ), ma rilasciato solo 2 mesi più tardi: il 23 di Marzo dello stesso 79 è infatti la data ufficiale in cui i primi vinili di questo disco iniziarono a girare per i negozi d’oltremanica.
Com’è facile intuire, “Overkill” ebbe da subito un successo immediato, la cui fortuna diede modo alla band inglese di vendere, tirando le somme a fine anno, ben centomila copie. Il prepotente e per certi versi inaspettato ingresso in cima alle classifiche del Regno Unito fu un buon viatico, per Lemmy e soci, ad incominciare ad esportare la propria merce anche al di là della loro patria natia, strizzando l’occhio precisamente ai mercati Statunitense ed asiatico in generale.
Nonostante però Lemmy fosse da sempre grande estimatore dell’ American style, non ebbe molta fortuna, inizialmente, valicando l’Oceano Atlantico, perché a sensazione mia, gli Americani non erano all’ epoca ancora preparati ad affrontare l’impatto con un personaggio così particolare come Mr. Kilmister. Inoltre, trovo inutile dire poi, che il tour che ne derivò fu un successo totale, che catapultò il galvanizzato Trio, a dare alle stampe un altro LP, sempre nello stesso millesimo.
Ian Fraser “Lemmy” Kilmister – Vocals & Bass
Phil “Philthy Animal” Taylor – Drums
Edward “Fast Eddie” Clark – Guitars & Backing Vocals
Questi tre signori, con un leggero sbilanciamento nei confronti del primo, furono gli artefici del Motörhead sound che sarà, di li a qualche anno, ispirazione e Verbo per moltissimi altri artisti che verrano. Eccoci allora di fronte ad uno dei problemi che più ha attanagliato l’orecchio dei fans di 3 generazioni: dare un identità al sound dei Motörhead. La matrice è certo ben chiara, di heavy metal senza fronzoli parliamo, ma le diverse sfumature da cui il Trio inglese s’è lasciato influenzare, lo rendono fra i dischi più stuzzicanti degli anni 70.
Intanto per cominciare, nel Regno Unito in quel periodo si stava sviluppando una corrente di pensiero a noi tanto cara, la New Wave of British Heavy Metal, dalla quale Lemmy non fu mai pienamente coinvolto ma da cui, come suo solito, trasse quello che secondo lui ci poteva essere di buono per caratterizzare ancor di più e se mai fosse possibile, lo stile della sua band.
Un’ altra vena evidente, fra quelle peculiari della band d’oltremanica è, senza timor di smentita, quella punk, per mezzo della quale gli inglesi si accaparrarono anche diversi consensi fra gli appassionati di questo genere musicale, tanto in voga in quegli anni. Principalmente però, com’ abbiamo detto, la Calliope di Ian Fraser fu sicuramente quella dell’ Heavy Metal, e come potrebbe essere altrimenti. “Overkill” è infatti un disco di puro rock ‘n’ roll con profonde venature hard ‘n’ heavy che lo lasciano nel limbo di almeno 3 o 4 generi diversi. Della serie: “non si butta niente”.
La voce di Lemmy, rozza e loud come si conviene, è qui accompagnata e perfettamente amalgamata con lo splendido lavoro fatto anche da quegli altri due pazzoidi che lo accompagnavano.
Si comincia subito a fare sul serio già a partite dalla opening track, omonima, che è un concentrato vero e proprio di tutte le qualità espresse dai Motörhead di quegli anni e dalla quale la band trasse anche il primo singolo.
In “Overkill” ( la canzone ) quello che più colpisce è l’intonazione cattiva e “arrabbiata” della voce di Lemmy che intona un ritornello spaccaossa con violenza inaudita. Con “Stay Clean” e “( I Won’t ) Pay Your Price” non si fa altro che confermare quello che s’era detto a proposito della title track, energia e biker instinct nella pura accezione del termine. E’ con “I’ll Be Your Sister”, ma soprattutto con “Capricorn” che si registra una netta svolta. Il suono da velocissimo e spezzaschiena evolve, cresce d’intensità, diventa cioè più ragionato e complesso, culminando appunto con la succitata “Capricorn”, brano che a mio gusto personale definisco come il più geniale dell’ intera produzione Motörheadiana. Pezzo quest’ultimo di una cupezza ed introspettiva che non temono eguali, un sound di profonda matrice Doom Metal ( si avete capito bene ) mantenendo però inalterato il feeling classico del sound dei Nostri, caratterizzato cioè da degli sbalzi d’energia che tutto sono, tranne che casuali.
Siamo catapultati dunque, al secondo singolo estratto da “Overkill”: “No Class”, pezzo che rievoca palesemente e che forse un po’ scimmiotta, il rock ‘n’ roll degli anni 70, molto catchy e di sicurao effetto. Capolavoro, nel suo piccolo, anch’esso.
In “Tear Ya Down” abbiamo invece il miglior riffing del disco, con un invasato Eddie che disegna fendenti con la sua ascia insanguinata d’ Heavy Metal. Anche questo pezzo possiede un appeal molto “rocky style”, stavolta però molto vicino anche al punk come songwriting e struttura vera e propria del brano.
Il trend punk verrà riconfermato anche sulla successiva, “Metropolis” che è forse, fra tutte, la song che meno ricorda lo stile dei Motörhead vero e proprio: un parto della mente di Lemmy e niente più. Ben riuscito, fra l’altro.
“Limb From Limb” invece, permette ai Tre di riacquistare la retta via e poter scatenare tutto il loro ardore musicale, sfogandosi in un pezzo classico del loro repertorio, a me particolarmente caro. Drumming e riffing qui si uniscono in modo impeccabile per dare vita ad un miscuglio impressionante di suoni e vocaleggi d’altri tempi. Alla grande!
Personalmente ritengo “Overkill” il miglior disco mai concepito dai Motörhead, superiore per ispirazione musicale, anche al più blasonato “Ace Of Spades” del quale si decantano in ogni occasione possibile le gesta ma che, a livello squisitamente tecnico, gli è inferiore di un gradino. Probabilmente però, dove “Overkill” perde quei punti ( pochi ) che gli consentirebbero di raggiungere la perfezione e superare il suo “avversario” è nell’ importanza e nell’ impatto storico che i due dischi hanno avuto nel corso degli anni. Buono, senza dubbio, anche quello di quest’ultimo, ma non a caso quando si fa riferimento ad una canzone dei Motörhead, si pensa subito a “Ace Of Spaded”, perché è indubbio come, storicamente parlando, nella stragrande maggioranza dei cuori, sia rimasto, indelebile, “L’Asso di Picche”.
“Overkill” rimane comunque un disco perfetto, inattaccabile, un capolavoro per veri intenditori del genere, per orecchi attenti e preparati che ne sappiano cogliere ogni geniale sfumatura. Esempio e monito alle giovani band di tutto il mondo, di come arrivare alla vetta sia possibile. Guardare il cielo dall’ alto verso il basso è invece onore di pochi.
NOTA SULLE BONUS TRACKS
Nella versione rimasterizzata dalla Castle Communications, nel 1996, sono presenti ben 5 bonus tracks, due delle quali ( “Too Late, Too Late” e “Like A Nightmare” ) estratte direttamente dai singoli di “Overkill” e “No Class”.
Quella di cui però mi preme di parlarvi è la numero tre ( o 5, se preferite ), che s’appella col nome di “Louie, Louie”. Ovviamente parliamo di una cover, eseguita però magistralmente dai nostri tre amici. La canzone risale infatti ai lontani anni 50 e vede, come primi interpreti, i The Kingsmen, che la eseguirono in un club nel lontano ’55, e fra gli altri, anche da Richard Berry, singer della band Ricky Rillera and The Rhytm Rockers nel 1956 in quel di Anaheim, precisamente al Harmony Park Ballroom.
Impagabile ed imperdibile è il vedere Lemmy alle prese con questa irrefrenabile ballata R&B dai toni tipicamente Fifthies, la divertente esperienza culmina poi, al limite con l’esilarante, quando Lemmy intona, nel refrain, l’ormai famoso “Ahi, ahi, ahi, ahi, ahi”. Prova di grande duttilità e di humor da parte degli inglesi, che dimostrano come è possibile, in ogni caso, sdrammatizzare e divertirsi.
Daniele ”The Dark Alcatraz” Cecchini
TRACKLIST
1. Overkill
2. Stay Clean
3. ( I Won’t ) Pay Your Price
4. I’ll Be Your Sister
5. Capricorn
6. No Class
7. Damage Case
8. Tear Ya Down
9. Metropolis
10. Limb From Limb
BONUS TRACKS
11. Too Late, Too Late ( B-Side of Overkill )
12. Like A Nightmare ( B-Side of No Class)
13. Louie, Louie
14. Tear Ya Down ( Instrumental Version )
15. Louie, Louie ( Alternate Version )