Recensione: Overtures of Blasphemy

Di Marco Donè - 12 Settembre 2018 - 0:01
Overtures of Blasphemy
Band: Deicide
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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68

Cinque anni sono passati dall’ultima apparizione su disco di quell’entità musicale caratterizzata da una brutalità cieca, intrisa di malvagità e blasfemia, che risponde al nome Deicide. La band capitanata dal duo Asheim-Benton ci aveva lasciati con un lavoro, “In the Minds of Evil”, che, sotto certi aspetti, e per la gioia dei fan, aveva saputo riportare in vita l’essenza dei Deicide, creando una sorta di filo conduttore con i primi, seminali lavori del leggendario quartetto della Florida. Anziché seguire le esigenze del music business e battere il ferro finché è caldo, con il rischio di incorrere in un disco non all’altezza, la formazione americana si è presa il tempo che le serviva, affrontando anche un cambio di line-up che ne ha sicuramente rallentato il processo produttivo. Già, perché rispetto al 2013, i Nostri fanno ritorno in scena con un Jack Owen in meno, una delle anime pulsanti della “nuova giovinezza” dei Deicide, sostituito da un “certo” Mark English, chitarrista dei Monstrosity (giusto per andare sul sicuro, verrebbe da dire). Un avvicendamento che ha creato ulteriore curiosità attorno a “Overtures of Blasphemy”, nuova fatica di Benton e compagni, uno dei dischi estremi più attesi di questo 2018. Non rimane quindi che iniziarne l’ascolto.

 

Cosa ci si aspetta da un disco griffato Deicide? Esattamente quello che abbiamo scritto all’inizio di queste righe: brutalità, malvagità, blasfemia, un assoluto pestaggio sonoro. “Overtures of Blasphemy” è proprio questo, uno spietato assalto frontale in cui non vengono fatti prigionieri, un lavoro che si rivela un’autentica badilata in faccia. Sotto certi punti di vista l’album sembra voler continuare il percorso intrapreso con “To Hell With God”, inserendo qualche elemento figlio di “In the Minds of Evil”, anche se in quest’occasione, avendo una coppia d’asce nuova, che risponde al binomio Quiron-English, ci sono sicuramente delle differenze. Le chitarre, infatti, pur mantenendo lo standard abrasivo e assassino made in Deicide, presentano una maggiore cura per la melodia in sede ritmica, sfociando poi in assoli tecnicissimi come la band di Asheim e Benton ci ha abituato da “Stench of Redemption” in poi. La prova di Asheim alla batteria, da sempre uno dei punti fondamentali nel Deicide sound, è semplicemente perfetta. Picchia senza remora alcuna, evitando però di dare vita a un massacro fine a sé stesso, risultando sempre funzionale alla struttura canzone. Come musicista non lo scopriamo certo oggi, ma vedere la qualità che riesce ancora a garantire dietro le pelli fa nascere un piccolo sorriso di soddisfazione durante l’ascolto dell’album. La ciliegina sulla torta è data dalla prestazione di Benton al microfono, autentico uomo delle caverne che, nonostante l’avanzare dell’età, continua ad avere una delle voci più brutali di sempre.

 

Detto del pestaggio in musica, dobbiamo però mettere i puntini sulle “i”. “Overtures of Blasphemy” è un lavoro convincente, che conferma l’ottimo stato di salute attraversato dai Deicide, ma presenta qualche piccolo scricchiolio durante i suoi trentotto minuti di durata. Dodici sono i pezzi che lo compongono e, tra di essi, compare qualche passaggio meno ispirato che porta a un inevitabile calo qualitativo durante l’ascolto. Tra questi citiamo sicuramente ‘All That Is Evil’, una delle tracce meno convincenti del lotto, e ‘Crawled from the Shadows’, caratterizzata da una strofa devastante, ma il ritornello, con la scelta di usare dei sospesi di chitarra per accompagnare la brutale voce di Benton, risulta una soluzione poco felice. Dopo un massacro iniziale, infatti, ci troviamo all’improvviso ad avere solo voce e batteria. Il muro sonoro creato dalle chitarre viene meno, con la conseguenza di far perdere corpo alla parte e alla canzone. Proprio l’operato delle due asce merita qualche parola in più. Come dicevamo, rispetto ai due dischi precedenti, le chitarre presentano una maggiore cura per la melodia in sede ritmica, dando la possibilità ai Deicide di provare a dare delle sfumature diverse all’interno del platter. Incontriamo così ‘Seal the Tomb Below’, una sorta di nuova ‘Godkill’, caratterizzata da un marcato taglio thrash, o ‘Anointed in Blood’, che dopo un virtuosismo in apertura e un riff tipico dei Decide, si apre a dei fraseggi di chitarra quasi heavy. Così, se in qualche frangente il guitarwork, per quanto coraggioso, risulta poco efficace, come descritto per ‘Crawled from the Shadows’, in altri passaggi pone delle chiavi di lettura a cui i Deicide non ci avevano abituato, facendo però centro come nel caso della già citata ‘Anointed in Blood’, uno dei pezzi più convincenti del disco. “Overtures of Blasphemy”, inoltre, presenta una prima parte più debole, dove le incertezze citate in precedenza tendono a farsi vive in maniera più frequente. Sebbene incontriamo pezzi come l’assassina ‘One with Satan’ o la mazzata ‘Seal the Tomb Below’, l’album decolla definitivamente da ‘Anointed in Blood’, in un continuo crescendo di violenza e tecnica, con canzoni convincenti in tutta la loro durata.

 

Overtures of Blasphemy” non verrà forse inserito tra i lavori migliori del combo di Tampa, ma si rivela un disco ben confezionato che, molto probabilmente, con un paio di pezzi in meno e una durata di trenta-trentadue minuti, avrebbe sicuramente convinto di più. È comunque un lavoro che saprà fare le gioie degli extreme metaller e un’opera con cui le formazioni che puntano alla scalata ai piani alti del “mondo estremo” dovranno per forza confrontarsi. Poc’altro da dire; i Deicide sono questi: o li si ama, o li si odia, con loro le mezze misure non esistono.

 

Marco Donè

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