Recensione: Pain Necessary To Know
Gli Ephel Duath si sono riproposti all’attenzione del pubblico italico e non a distanza di due anni dall’uscita di The Painter’s Palette, a parere di chi scrive un vero e proprio capolavoro, con Pain Necessary To Know, ad oggi loro ultima release.
Per chi avesse avuto modo di ascoltare e, spero, apprezzare il precedente full length non sarà difficile ricordare la loro proposta assolutamente fuori di testa, basata sulla commistione di vari generi: da una base black metal, i musicisti hanno saputo costruire un’intelaiatura musicale fuori da qualsivoglia schema precostituito aggiungendo elementi hardcore ma soprattutto jazz & fusion… Insomma, peculiarità di primo acchito inconciliabili, in realtà dal sapore indubbiamente affascinante se eseguita con la classe dei nostri connazionali.
Il problema è che, nonostante l’incontestabile valore tecnico/compositivo del platter, Pain Necessary To Know presenta alcuni limiti più o meno evidenti che vanno a ridimensionare, tirando le somme, il giudizio globale dell’opera ad un primo impatto entusiastico, facendo compiere un passo indietro agli Ephel Duath: non sarà infatti difficile notare fin dal primo ascolto l’abbandono pressochè totale della forma-canzone con conseguenza diretta la destrutturizzazione dei pezzi… Esperimento indubbiamente interessante visto il risultato constatabile dal precedente episodio artistico, ma se ad un primo approccio farà rimanere sbalorditi per la perizia tecnica messa in mostra oltre che per i repentini e continui cambi di tempo a dir poco schizofrenici, in questo caso andando avanti nel processo di assimilazione si arriverà, per quel che mi concerne, alla conclusione che sia quasi impossibile ricordare una traccia per intero; tolta infatti la opener New Disorder, che mantiene un piccolo legame stilistico con le canzoni del precedente lavoro, il materiale che segue è privo di una logicità apparente: i cambi sono continui, gli Ephel Duath spostano la propria attenzione da un elemento ad un altro passando dalla rabbia alla tranquillità in un soffio, ed è un’estasi ascoltarli, ma allo stesso tempo vi è la rabbia di non poter assaporare da inizio a fine una canzone, poichè pur ascoltandola diverse volte sarà impresa improba memorizzarne ogni sfumatura. E’ sicuramente un lato negativo, ma ha il risvolto positivo di poter gustare ogni volta una nuova peculiarità. Da ciò se ne dedurrà che in una sola canzone qui contenuta ci sia una mole di idee e di riff che potrebbe essere utile a comporre un intero cd per un gruppo dalle capacità compositive nella norma, ed è questo, fondamentalmente, il veicolo attrattivo maggiore in virtù di una produzione fantastica capace di esaltare il particolare.
Ultima peculiarità, che già si trovava ben evidenziata nel precedente full length, è lo screaming di Luciano George Lorusso, ormai qui in veste di “lead-vocal” della band: è lacerante, regala quel quid di angosciante rispetto alla musica a tratti calda, a tratti distante e chirurgica, ma in fondo anche da questo punto di vista ho un piccolo rimpianto: la defezione di Davide Tolomei col suo clean, che ora viene proposto dall’attuale prima voce praticamente solo nella finale Imploding.
E’ un cd che perde, paradossalmente, la pazzia di alcune caratteristiche che mi avevano fatto tanto amare il precedente The Painter’s Palette, e la mancanza del sax a mio avviso si sente, in quanto dava grande calore alle composizioni.
La sperimentazione degli Ephel Duath ha preso quindi altre strade, e non è fatta sostanzialmente di innesti estranei, ma ha spostato l’attenzione sulla destrutturizzazione della forma canzone. L’obiettivo per i musicisti è riuscito in pieno sicuramente, a parere di chi scrive però può risultare realmente molto ostico da capire e da gustare e non so quanti saranno disposti a dare innumerevoli possibilità ad un disco tanto affascinante quanto impenetrabile.
Tracklist:
1. New Disorder
2. Vector, Third Movement
3. Pleonasm
4. Few Stars, No Refrain And A Cigarette
5. Crystalline Whirl
6. I Killed Rebecca
7. Vector
8. Vector, Second Movement
9. Imploding
Line-up:
Luciano Lorusso George – Voce
Fabio Fecchio – Basso
Davide Tiso – Chitarra
Riccardo Pasini – Sintetizzatore
Davide Piovesan – Batteria