Recensione: Painkiller
In piena era grunge i Judas Priest concepirono Painkiller, una pietra miliare dell’ Heavy Metal mondiale. Spettacolare . E’ difficile recensire tanta grandezza: non c’è una canzone uguale all’altra, ognuna ti regala delle emozioni diverse, tutte ti fanno innamorare di questa musica.
Ma l’aspetto più interessante è al struttura di queste song: veramente accurata. Nulla è banale, ogni verso a qualcosa di diverso dal precedente (soprattutto per quanto riguarda la linee vocali) e la melodia è semplicemente fantastica, forte di riff ed assoli unici.
Chi non ha mai ascoltato la title track Painkiller ( se non altro per curiosità visto che è stata coverizzata da gruppi anche molto famosi, come i Death per esempio) è ora che lo faccia.E’ la canzone più heavy di tutto l’album, la batteria fa miracoli, le chitarre idem….ed il MetalGod dimostra di essere sempre il numero uno. Sei minuti abbondanti di energia positiva. Ma la vera chicca è Metal Meltdown, da brividi.Acuti impossibili e cambi di tempo fenomenali rendono questa song inimitabile, secondo me un capolavoro assoluto.
Non che le altre siano però da trascurarsi: Hell Patrol commuove ad ogni ascolto ed esalta una voce incredibilmente modulabile, tra cambi di tempo e ritornelli che ti prendono subito .Leather Rebel possiede un’intensità anormale; Between the Hammer and the Anvil e A Touch of Evil (le più epicheggianti) sono opere d’arte più che canzoni e, come tali non verranno mai dimenticate.
In questo disco funziona tutto e tutto al meglio: cantante, bassista, chitarristi e batterista si dimostrano tutti ispirati da una luce divina.Penso abbiate ormai capito a che razza di album ci troviamo di fronte, Heavy Metal all’ennesima potenza, Heavy Metal targato Judas Priest.
Inammissibile non averlo.
Un cd così merita un recensione più accurata , ecco perché aggiungo anche questa analisi “track by track”.Naturalmente le opinioni in merito a canzoni di questo livello sono quanto di più opinabile possa esistere poiché possono dare emozioni diverse a seconda dell’ascoltatore..e anche del momento.
1. Painkiller: Come ho gia detto, è la più heavy di tutte. Un drumming micidiale ci introduce in un mondo di metallo, pelle e chitarre sparate al massimo. I riff sono bellissimi e miscelati con la voce di Rob Halford incitano ad un headbanging senza ritegno, per niente e nessuno.
Il mood inoltre è eccezionale, così come quella voce che viene sparata fuori dalle casse dello stereo (ma è umano?).In pochi riescono a raggiungere quegli acuti.
2. Hell Patrol: E’ una delle mie preferite.Anche qui all’inizio abbiamo un intro di batteria e chitarre, quest’ultime sfoceranno poi in riff assassini e veloci, con cambi di tempo sorprendenti. La melodia la fa da padrona, il ritornello è inossidabile..anche dopo mesi rimane sempre in testa.
3. Sentite una vocina molto “evil”? Niente paura: è iniziata All Guns Blazing. Heavy metal al 110% , qui la chitarre fanno veramente sentire la loro voce, non ce n’è per nessuno.Ma viene quasi sminuita in un album come questo.Se fosse stata scritta da un qualsiasi altro gruppo sarebbe stata un capolavoro.
4. Leather Rebel:Apoteosi musicale.La voce sa essere inquietante quanto cattiva, le accelerazioni sono fenomenali e sfociano in ritornelli da cantare a squarcia gola,…da commuoversi.
5. Metal Meltdown: L’assolo iniziale ci fa subito capire che sta iniziando una song veramente speciale.Il riff che segue ce lo conferma.Questa canzone ci lascia senza fiato per l’ headbanging e per i salti. Impossibile resistere a questo mix di musica…20 anni di esperienza e una vita di maestria e genialità condensate in 4.47 minuti, dei quali ogni secondo è diverso dall’altro. I riff (sono un po’ fissato con loro ma sono la mia passione) sono quanto di più bello mente umana possa immaginare:hanno una velocità ed una melodia che faranno pochi prigionieri tra gli ascoltatori.Per quanto riguarda la voce…niente di nuovo, sempre la solita eccezionalità negli acuti, nell’estensione e nella modulabilità. Powerful.
6. Night Crawler: L’inquietante atmosfera iniziale viene lacerata da un esplosione incontenibile di riff a 300 km orari e da un Metal God inkazzato come poche volte. Sono 5.44 minuti tiratissimi, non c’è un attimo di pausa, il ritmo rallenta in brevissimi passaggi solo per preparare il campo ad una successiva irruenza vocale e chitarristica. Micidiale.
7. Between the Hammer and the Anvil: inizio rallentato per una canzone che esprime il meglio di sé nei riff semplici ma geniali, nei cambi di tempo indovinatissimi , negli assoli e nella sua struttura generale. Wow.
8. A Touch of Evil: Poesia, arte allo stato puro, ecco cos’è questa canzone.Un escalation di emozioni che sfociano in un ritornello epico, una voce emozionante..La tecnica (che pure è elevata) passa in secondo piano in questi casi, importante è il feeling..il mood. Risveglia l’anima che è in noi.
9. Battle Hymn: 56 secondi strumentali con la sola funzione di spianare la strada alla track seguente.
10. One Shot at Glory: Sempre ottimo Heavy Metal . L’inizio arrabbiato trova il giusto sfogo in un ritornello liberatorio, mentre la chitarre seguono il tutto impeccabilmente, deliziandoci con assoloni e raffinatezze varie. Non poteva esserci fine migliore per tale cd.
Flavio “Alkaflatz” Alessandrelli.