Recensione: Pandemonium
Un luogo comune imperante negli ultimi anni vuole che la scuola sud-americana si sia persa nei meandri dell’underground, dimostrandosi incapace di reggere il confronto con le vecchie glorie del passato. Un dato di fatto è la cronica superficialità dell’ascoltatore medio, che alla scena brasiliana (tanto per segnalare il Paese più equilibrato in termini di quantità/qualità) ha sempre associato Sepultura e poco altro, vanificando gli sforzi del gremito sottobosco nazionale e altresì mortificando la politica di label pionieristiche come la Cogumelo Records di Belo Horizonte. Se oltre quindici anni fa passavano inosservate band come Chakal, Sextrash, Dorsal Atlantica, Vulcano, Mutilator, Holocausto – senza citare i più fortunati Sarcofago, o, dall’altro lato, una serie infinita di monicker legati a qualche polverosa demo-tape – la stessa sorte tocca oggi a formazioni più giovani, che, con vario esito, alimentano la fiamma del metal estremo più puro e legato alle origini.
La vicenda dei Torture Squad si presta perfettamente al discorso di cui sopra. Il gruppo ha una storia ultra-decennale alle spalle, con forti radici nella povera San Paolo e un’insana passione per il putrescente sound floridiano, abilmente miscelato con una specialità di molti colleghi carioca: thrash metal crudo e diretto, lineare nel suo decorso ma estremamente dinamico in virtù di un bagaglio tecnico importante. La fama dei nostri temo sia circoscritta ai confini patri, eppure al quartetto capeggiato dal minaccioso Vitor Rodrigues è bastata una registrazione autoprodotta (A Soul In Hell, 1993) per farsi riconoscere nei circuiti underground brasiliani, assicurandosi negli anni un seguito numeroso e fedele. Le discrete vendite di Shivering (1995) e, soprattutto, Asylum Of Shadows (1999) hanno permesso ai Torture Squad di continuare con fiducia la propria attività, che ha prodotto altri due album (tre se si conta un live di recente uscita) e conosciuto qualche momento di gloria: su tutti una trasferta europea in terra tedesca e i prestigiosi slot di supporto a Monstrosity (2001), Dimmu Borgir (2004) e Kreator (2005) in casa. Da un punto di vista prettamente artistico, l’apice si è toccato con l’ultimo nato Pandemonium (2003), che ha certificato la maturità del songwriting e confermato forma e ispirazione.
Prendete il seminale Beneath The Remains, mescolatelo con i Suffocation di Breeding The Spawn, aggiungete un pizzico di Bay Area: ecco la ricetta del successo di Pandemonium. Se gli ingredienti non brillano per originalità, tutta da gustare è la destrezza con cui il four-piece verdeoro plasma e integra stili diversi ma complementari, con risultati davvero sorprendenti. I più scettici partano direttamente da Towers On Fire, passerella di lusso per la sezione ritmica (Castor al basso e Amilcar Christòfaro dietro le pelli), che prima disorienta e poi annichilisce in virtù di una notevole padronanza dello strumento: tra inchiodate e ripartenze a tradimento, il brano si segnala come uno dei punti caldi della tracklist, costantemente divisa tra passaggi cervellotici ed episodi più schiettamente in your face. A onor del vero la tecnica del singolo non ha mai il sopravvento sul prodotto finale, e pezzi come Horror And Torture (esplicito manifesto del background lirico che permea ogni composizione dei brasiliani) e Out Of Control non possono che giovarne, lasciando pochi dubbi sulla solidità dell’asse Belo Horizonte-San Francisco-Tampa. Discorso a parte per la conclusiva The Curse Of Sleepy Hollow, dove i ritmi frenetici del lotto che la precede cedono talvolta il passo a velocità più controllate: la chitarra di Mauricio Nogueira lascia da parte l’istinto per prediligere riff più incisivi, sorreggendo magistralmente l’ibrido scream/growl di cui Vitor Rodrigues è instancabile interprete.
Gli appassionati prendano nota e aggiungano Pandemonium alla lista della spesa, sicuri di investire a colpo sicuro i propri risparmi. Nessuna concessione a tendenze sperimentali o produzioni sofisticate, ma poco più di mezz’ora (da manuale) all’insegna di un thrash/death metal autentico, onesto debitore della vecchia scuola. Una boccata d’ossigeno tra tante porcherie e forzature moderniste o presunte tali.
Federico ‘Immanitas’ Mahmoud
Tracklist:
01 Intro
02 Horror And Torture (mp3)
03 Towers On Fire
04 World Of Misery
05 Leather Apron
06 Out Of Control (mp3)
07 Pandemonium
08 Requiem For The Headless Rider
09 The Curse Of Sleepy Hollow