Recensione: Paracletus
I francesi Deathspell Omega sono, da ormai qualche anno (per la precisione da “Si monumentum requires, circumspice”, 2004), uno dei gruppi black metal inequivocabilmente più importanti della scena internazionale, merito, questo, conquistato grazie ad album dall’elevata caratura artistica, che da sempre associano a indiscutibili qualità musicali anche un profondo e interessante mondo filosofico e concettuale.
Sono uno dei pochi gruppi in grado di sovvertire e cambiare profondamente un genere, operando dal suo interno, dimostrando dunque, una superiore visione artistica e musicale, che rappresenta, nei fatti, qualcosa di più che la capacità di comporre solo dei buoni dischi, vale a dire un vero e proprio percorso artistico personale.
L’ultimo full-length album, Paracletus, non fa certo eccezione, e rappresenta anzi il capitolo finale del complesso trittico sul rapporto Dio-Uomo-Satana, iniziato col già citato “Si monumentum requires, circumspice”, e poi proseguito con “Fas – Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum” (2007). Tre opere unite da un comune progetto di fondo, ma abbastanza differenti nella forma, in quanto il gruppo non ha mai smesso (grazie anche a una nutrita serie di split ed EP, mai fini a se stessi) di approfondire e allargare il proprio spettro sonoro, unendo agli elementi tradizionalmente black metal, caratteristiche provenienti da altri generi, tra cui death, doom, post-hardcore, sludge, finanche jazz.
Paracletus rappresenta il coronamento di questo tortuoso processo, riprendendo tutti gli elementi stilistici che formano l’impasto sonoro della band, e convogliandoli in una scrittura mai così asciutta e diretta. L’estrema complessità ritmica, la dissonanza melodica, sono sempre presenti, ma vengono qui sintetizzate e rese al massimo dell’intensità drammatica, raggiungendo vette di pathos non comuni. A differenza dell’album precedente, le canzoni sono molto più brevi, di media durata, e questo contribuisce a una più rapida assimilazione delle composizioni, senza perdere un grammo di profondità, oscurità, ed efficacia.
L’album si divide idealmente in composizioni dal carattere più meditativo, sulfureo, quasi sludge-doom (le due “Epiklesis”, “Dearth”, “Apokatastasis Pantôn”) e brani violentissimi, che raffigurano un maligno caos incontenibile, dall’incedere quasi math-core (“Wings of Predation”, “Phosphene”, “Malconfort”, “Devouring Famine”), come in un processo alchemico di lenta trasformazione della materia, verso una soluzione, catarsi finale (Apokatastasis Pantôn significa, in greco, restaurazione di tutte le cose).
La performance della band è, come sempre, tecnicamente impressionante, dai riff intricati, dissonanti, ipnotici di Hasjarl, alla devastante prova vocale di Mikko Aspa, senza chiaramente tralasciare l’inumana prestazione del misterioso drummer. In definitiva con Paracletus i Deathspell Omega ci consegnano un capolavoro di nera purezza, un lavoro forse non accessibile a tutti, ma che resta, fin dal principio come pietra miliare e termine di paragone per un’intera scena musicale.
Alekos Capelli
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Tracklist:
1. Epiklesis I 01:42
2. Wings of Predation 03:43
3. Abscission 06:07
4. Dearth 03:47
5. Phosphene 07:03
6. Epiklesis II 03:06
7. Malconfort 04:57
8. Have You Beheld the Fevers? 02:59
9. Devouring Famine 05:09
10. Apokatastasis Pantôn 04:01