Recensione: Paradise

Di Stefano Ricetti - 6 Dicembre 2023 - 8:44
Paradise
Etichetta: Minotauro Records
Genere: Hard Rock 
Anno: 2023
Nazione:
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A nome Catalyst esistono varie band, sia legate sia al mondo hard’n’heavy che ad altri generi. Solo a livello Death Metal se ne contano sei. Quelli oggetto della recensione sono statunitensi e si formano nel 1987. Il consolidamento della formazione avviene due anni dopo intorno alle figure di Walt Wise alla voce solista, chitarra, tastiere e sax, Paul Soos al basso e alla voce, Alan Newman alla chitarra e alla voce e Matt Stevens alla batteria. Il loro esordio ufficiale riporta a un EP di quattro canzoni, seguito dal full length Paradise, del 1990. Poco dopo la sua pubblicazione il disco divenne oggetto di recensioni entusiastiche da parte di pubblicazioni come CCM – Contemporary Christian Music Magazine, White Throne Magazine, Heaven’s Metal Magazine e altre sulla stessa lunghezza d’onda. Come facilmente arguibile anche dal loro simbolo, i Catalyst furono autori di un hard rock di stampo cristiano.

Vennero immediatamente firmati un accordo di distribuzione mondiale con Spring Arbor Distributors, al batterista originale subentrò l’ex Bride Stephan Roland e la band si imbarcò in una tournée attraverso gli Stati Uniti che attirò l’interesse di diverse etichette discografiche fra le quali Atlantic Records e Ocean Records. Parevano quindi esserci i presupposti per spiccare definitivamente il volo da parte dei Catalyst ma poi qualcosa misteriosamente si incrinò e il gruppo si sciolse nel 1991, lasciando alle proprie spalle l’EP Catalytic Conversion del 1987 su musicassetta e l’album Paradise del 1990. Le cronache segnalano poi un’uscita postuma, The Mystery – nomen omen – musicassetta risalente al 1994 contenente tre pezzi.

L’occasione di occuparsi degli imperscrutabili Catalyst la fornisce Minotauro Records che da qualche settimana ha licenziato Paradise su CD. Il prodotto si accompagna a un libretto a mo’ di pieghevole di sei facciate, con tutti i testi e delle scarne annotazioni tecniche. Nessuna foto della band è presente.

Paradise si compone di dodici tracce per poco meno di un’ora di durata.

Musicalmente siamo nei territori del tipico hard rock americano anni Ottanta a là Van Halen & Co. che molto influenzò parecchie band italiane di quel periodo, non è un caso, infatti, anche per via della produzione tutt’altro che scintillante, che il tiro dei Catalyst rimanda a Sharks, Firehouse, Florence 99, Shabby Trick più che a formazioni Usa. La voce di Walt Wise è accattivante e nei suoi momenti migliori ricorda quella di Sua maestà David Coverdale, particolarità che il singer dei Catalyst tende addirittura – coraggiosamente – a enfatizzare nella sua interpretazione. La qualità dei pezzi, dentro Paradise, si mantiene su di un buon livello (“Break My Heart Again”, “Fire In Her Eyes”, “Shelter Of Your Heart”, “Paradise”, “Burning In The Fire”) ma viene affossata, come scritto sopra, da dei suoni assolutamente non all’altezza della situazione. Con una produzione à la Ratt o Poison il full length dei Catalyst avrebbe ottenuto ben altri riscontri, probabilmente, sopravvivendo anche alla prova dello scorrere degli anni. Cosa non avvenuta.

La storia dell’hard e dell’heavy poggia anche su queste band, meteore che per una manciata di mesi hanno saputo infiammare più di un cuore, a loro tempo. Thumbs Up quindi per la Minotauro Records che incessantemente porta avanti un’apprezzata opera di riscoperta archeologica, capace di restituire lavori come questo legato ai Catalyst.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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