Recensione: Paradise [EP]

Di Stefano Burini - 6 Novembre 2013 - 9:00
Paradise [EP]
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Anno: 2013
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72

I Within Temptation fanno certamente parte di quella categoria di band che nel tempo, complici le opportunità di successo sempre crescenti, hanno stravolto il proprio sound al punto da non conservare quasi più nulla di quella che era la loro identità degli esordi.

Questo genere di cambiamenti, per quanto diluiti nel tempo e non certo improvvisi (né improvvisati), hanno generalmente due effetti, l’uno voluto e l’altro collaterale. Da un lato le band che li attuano riescono spesso ad espandere il proprio bacino d’utenza fino a livelli mai immaginati nemmeno nei loro sogni più sfrenati; dall’altro, i fan della prima ora non potranno che sentirsi cocentemente traditi di fronte a metamorfosi che odorano lontano un miglio di (riuscita) strategia commerciale.

Va da sè che coloro che hanno amato i Within Temptation delicati e folkeggianti di “Mother Earth” e, viceversa, rinnegato quelli metallici e ipertrofici di “The Heart Of Everything” e (soprattutto) di “The Unforgiving“, con il nuovo EP (e, verosimilmente, con il prossimo nascituro “Hydra”) difficilmente cambieranno idea. “Paradise” prosegue, infatti, sulle medesime coordinate del suo predecessore proponendo un Hard ‘n’ Heavy a tinte gotiche di gran lusso, fortemente guitar-oriented e, al solito, nobilitato dalla sempre più portentosa ugola della bella Sharon Den Adel.

Quattro le canzoni proposte, tre versioni demo di altrettanti brani che finiranno su “Hydra” con l’aggiunta dell’annunciato singolone “Paradise (What About Us?)”, posto in apertura. Lo scenario dipinto dalle chitarre e dalla testiere in “Paradise” si configura come perfetto teatro per l’incontro/scontro tra due delle più blasonate aspiranti al trono di Regina del Goth Metal. Il mood, come preannunciato, è il medesimo di “The Heart Of Everything” e di “The Unforgiving” e se Sharon ci va ovviamente a nozze, anche la special guest Tarja Turunen  non fatica certo nel ritagliarsi il proprio spazio, sicché la riuscita è assicurata. Segue “Let Us Burn”, altra killer track in cui la potenza addirittura esagerata delle chitarre e gli arrangiamenti di matrice gothic si mescolano alla perfezione con la vocalità da dieci e lode della Den Adel, dando vita ad un ‘altra potenziale hit in grado di fare il paio con la sfavillante “Faster”. Leggero calo di tono con la terza in scaletta , “Silver Moonlight”: Sharon si comporta sempre bene ma questa volta è il growl sgraziato e sporchissimo di Robert Westerholt a stonare non poco con il mood di un brano di Classic Heavy Metal a tinte dark, di per sé non malvagio ma la cui resa viene in tal modo compromessa.

In chiusura troviamo “Dog Days”: fortunatamente in risalita dopo il parziale scivolone della precedente, si fa notare per il particolare arrangiamento che strizza l’occhio a certo pop raggiungendo, in ogni caso, un buon risultato finale, come sempre valorizzato dall’ottima prova della cantante olandese.

Che dire? Un antipasto più che discreto in vista del certamente più sostanzioso “Hydra” dal quale appare lecito attendersi buoni riscontri, tenendo in ogni caso conto di chi sono i Within Temptation oggi e non aspettandosi improbabili ritorni alle origini da parte di una band che ha da tempo imboccato una strada a senso unico.

Stefano Burini

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