Recensione: Parallel Love
Seconda uscita discografica, intitolata “Parallel Love”, per la melodic rock band Atlas, proveniente dalla terra d’Albione.
Il tema conduttore dell’album risulta essere l’amore nelle sue alterne vicende e nelle sue varie sfaccettature: chiodo scaccia chiodo, sbagliato, cercato, trovato, perduto.
La prima traccia “The fever”, con sonorità anni 80, non brilla di originalità, sebbene sia valorizzata dal veloce assolo del chitarrista Howie Little e dall’apertura, nella parte finale, a sonorità progressive.
Un ottimo riff introduce “Without you”, pezzo in cui Little offre un’altra buona prova della sua tecnica chitarristica, ma che trova il suo limite nel testo del refrain di sconcertante banalità.
Appena accettabili risultano “In Your Head” e “Weathered Heart”, ispirate a sonorità Bon Jovi, sebbene sembrino cantate da uno scazzato Jon.
“Human Touch” è, invece, una traccia riuscita in cui, su tastiere targate Van Halen OU812, il tono del singer Craig Wells, troppo spesso preoccupato di dimostrare di possedere una gran voce, a scapito dell’interpretazione, è per la prima volta ben armonizzata con la parte musicale.
In “Dare To Love” torna lo stile Jon Bon Jovi, questa volta con appena un briciolo di mordente in più.
“Falling Out Of Love” risulterebbe assolutamente innocua senza l’intervento, ancora una volta risolutore, di Little.
In “Early Warning”, grazie al buon lavoro di tastiere di James Thorley e ad un cantato che non va sopra le righe, gli Atlas sembrano finalmente avere qualcosa da dire.
“We Are The Fire” si fa notare per un intro di tastiere alla Goblin, per il riff potente e il ritmo serrato, ma il pezzo non può dirsi pienamente azzeccato a causa di un refrain poco efficace.
“Beyond The Limit”, di chiara ispirazione AOR, strizza l’occhio ai Toto e offre un assolo di chitarra coi fiocchi, però, non convince del tutto.
“Here with you” è una ballad, con una prima parte unplugged, che non dispiace, ma che, neppure, fa gridare al miracolo.
Insomma, l’atteggiamento manieristico e privo del necessario pathos, quando si parla di cuori infranti, non giova a “Parallel Love” che, nonostante presenti spunti interessanti, ha troppi pezzi che non riescono a decollare e scivolano via indolori e incolori, lasciando un senso di sconsolante incompiutezza.