Recensione: Paraphiliac

Di Antonio Guida - 28 Febbraio 2013 - 0:00
Paraphiliac
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Anno: 2013
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88

“Attitude”/”Altered State”.

No, non è una rubrica sui primi Sepultura. I brasiliani ci passano inconsapevolmente spunti per definire sfumature importanti per la band marchigiana Infernal Poetry: l’attitudine alla creatività in campo estremo alimentata da un’aggressività propria degli stati alterati della psicologia umana. Un approccio innovativo che prende forma nelle composizioni e che definisce il limite tra due insiemi: le band che inflazionano il mercato e quelle che tracciano percorsi portando idee alla scena. Gli Infernal Poetry, col quarto album in studio intitolato “Paraphiliac”, dove si collocano?

La parafilia è un disturbo psicologico che porta il soggetto a raggiungere la gratificazione sessuale attraverso pratiche insolite e offensive per il prossimo, quindi socialmente ripugnanti.

“Paraphiliac” può essere considerato un concept-album in cui il significato è racchiuso nella definizione suddetta e abbraccia altri disturbi di tipo ossessivo-compulsivo. “Preliminaries” ci introduce in poco più di sessanta secondi nell’analisi della mente perversa e “Stumps” è il primo passo di denuncia. Arriva con la forza della sua stessa fonetica a colpire con irruenza sonora e rivelare la direzione della band nel 2013. Cioè forti del suono coltivato negli anni, nel pieno della maturazione, l’intensità è incrementata notevolmente. Il brano come suggerisce il nome, alza il volume sulle dipendenze rimarcando il doppio filo con cui si mantengono in vita: ciò che le alimenta, le distrugge pure. In “Glorious Orgy” è rappresentativo di quanto detto finora: un mid-tempo incisivo, dove linee di chitarra pretendono di essere seguite coi muscoli del collo e delle braccia con air-guitar sfrenato. Il solo finale ritaglia uno spazio melodico degno di nota. Paolo Ojetti è il valore aggiunto a quanto creato dagli strumenti: incisivo, potente, uno scream che si veste di forza sovraumana. Il coro esprime la saturazione emotiva e conseguente collasso: «Until your stomach esplode – Until your pupils will blow». “Hypertrophic Jellyfish” tratta di ‘internet addiction disorder’ e relative conseguenze. Descrive la situazione di tanti giovani (ma anche adulti) e delle difficoltà che si hanno nell’aprirsi alla soluzione del problema. Può essere ascoltata infinite volte trovando sempre qualche aspetto nuovo: la nevrosi che s’insinua lungo il brano con stacchi chirurgici, il perfetto death’n’roll del pre-chorus e il pathos finale innescato dalle chitarre davanti ai coni dell’amplificatore da cui scaturisce un feedback che riempie l’aria, il vuoto, i sensi. Rimanda quasi alla riprensione amorevole di un genitore verso il figlio, l’armonia per pochi secondi nel completo caos. “Everything Means “I”” omaggia Saturno, dio dell’abbondanza, dei cambiamenti. Il brano è strutturato da un riff cadenzato che ciclicamente apre a un coro esplosivo da cui è difficile liberarsi dopo pochi ascolti. Il testo evidenzia il conflitto interiore e la consapevolezza di stare a costruire un muro isolandosi da tutto il resto: «Saturn’s rising gotta close the wall».

Il tempo di riprendere fiato, arriviamo alla seconda metà del platter. Torna l’agitazione, il sudore, la nausea che sale. Il vomito come gesto di purezza, ribellione alle moderate apparenze che appartengono a qualsiasi livello sociale. “Barf Together” musicalmente riesce ad arrivare all’ascoltatore attraverso una furia cieca che cresce incontrollabile, fino a erompere in un refrain liberatorio. Si sente più che in altri pezzi la continuità con “Nervous System Failure”. Il basso pulsante di Alessandro Infusini introduce “Cartilages”, brano che si lascia apprezzare per la violenza e apre scenari che appaiono di enorme impatto, soprattutto se immaginato in esecuzione live. Una piacevole sorpresa è il finale che convoglia la forza in una profonda drammaticità, quasi nuova al sound degli Infernal Poetry. “The Copy/Paste Syndrome” incentra l’attenzione sui social network, sulla smania di condividere idee altrui a discapito delle proprie. Un copia/incolla frenetico che accetta ogni cosa, scevro da senso critico. Alessandro Vagnoni dimostra la maturazione di un batterista in costante evoluzione e qui più che mai si possono apprezzare le sue doti: creativo e incisivo. “The Miss-Treated” è un brano strumentale, un piccolo gioiello. Le chitarre di Daniele Galassi e Christian Morbidoni (superlativi nell’intero lavoro) creano un corto di tre minuti. Luci basse, un giro fra i ‘corridoi del piacere’, tendine strappate con riff taglienti come artigli, bacchette sul rullante che sembrano colpire a suon di mitra. Voci che vocalizzano orgasmi sulle note danno vita alla vacuità del gesto. L’effetto è assolutamente cinematografico e ottimamente riuscito. Dopo la parentesi senza voce cantata, Ojetti ritorna in grande stile chiudendo il disco con “Paraphilias”. Brano che alterna momenti melodici a violenti blast-beats. Il respiro torna come espediente per scandire il tempo e trasmettere fisicità al suono. La fisicità adeguata per chi vive la perversione con leggerezza e apparente normalità.

Non esistono standard da rispettare per gli Infernal Poetry ma solo idee giuste. Questo vale anche per la produzione cui va una lode particolare perché offre un suono tanto peculiare quanto intelligente. I suoni caldi sembrano provenire direttamente dalle sfumature della copertina. Anche a essa va una menzione speciale. Disegnata da Daniele Tedeschi, raffigura una donna dalle forme armoniose in posizione meditativa, vessata, torturata fisicamente e psicologicamente. “Paraphiliac”, rispetto al passato, è sicuramente più omogeneo nella qualità. Non esistono assoluti picchi ma un costante livello alto dei brani. Infatti, il maggior godimento dall’ascolto si ha facendolo girare dall’inizio alla fine tutto d’un fiato. Se questo può essere un punto negativo per l’ascoltatore distratto, rimane positivo per chi è attento ai particolari.

Il 2013 apre nel migliore dei modi in campo estremo. Il sound degli Infernal Poetry trae ispirazione da più bacini musicali, i quali costruiscono una macchina infernale d’indubbio valore. Ai poser, a chi pensa che oggi suonare estremo sia sinonimo di velocità e brutalità, a quelli che non osano, “Paraphiliac” si porta l’indice al centro delle labbra perpendicolarmente, zittendoli.

Antonio “kunstwollen” Guida

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Tracce

01. Preliminaries 1:09     
02. Stumps 3:20     
03. In Glorious Orgy 4:07     
04. Hypertrophic Jellyfish 4:27     
05. Everything Means “I” 3:54     
06. Barf Together 4:22     
07. Cartilages 3:49     
08. The Copy/Paste Syndrome 3:44     
09. The Miss-Treated 3:00     
10. Paraphilias 4:30     
 
Durata 36 min.

Formazione

Paolo Ojetti – Voce
Daniele Galassi – Chitarre
Christian Morbidoni – Chitarre
Alessandro Infusini – Basso
Alessandro Vagnoni – Batteria

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