Recensione: Parasynthesis
I Levania sono una giovane band di Ferrara nata nel 2007 e che, in breve tempo, riesce a confezionare la bellezza di 3 demo. Dopo un po’ di rodaggio ecco l’occasione per debuttare sulla scena con il loro primo album completo, questo “Parasynthesis” di cui ci occuperemo oggi.
La proposta musicale dei Levania viene presentata dall’etichetta con toni pomposi e altisonanti che rimandano a un buon numero di generi diversi (dal gothic, all’epic, fino al death scandinavo). Ancora più aulici i riferimenti per quanto riguarda i testi, da Goethe a Kierkegaard, da Schopenauer a Nietzsche, passando per i miti e le leggende mediterranee e un nome (Levania significa “luna” in ebraico) che vorrebbe richiamare la sfera più intima dell’animo umano.
Tante promesse capaci di mettere, naturalmente, l’acquolina in bocca agli ascoltatori, ma anche a rendere ancora più cocente la delusione se non venissero rispettate.
Il problema è che, effettivamente, quanto prospettato è ancora un po’ lontano dalla verità. L’apertura, demandata a “Midnight of Silence”, comincia bene con un gothic-metal cadenzato e capace di alternare passaggi più aggressivi ad altri più rilassati. Alla lunga, però, la bella voce di Ligeia, che inizialmente colpisce per la limpidezza, risulta piuttosto statica, monocorde e incapace di seguire a dovere gli stadi emotivi del brano.
Col proseguo dei pezzi sembrano emergere le varie anime che avevano portato a tali entusiastici giudizi da parte dell’etichetta. Al contempo, però, emergono anche altrettante pecche. La quarta “The Narrow Way of Juliette”, ad esempio, potrebbe essere soprannominata “piccoli Crown of Autumn crescono”, tanta è la somiglianza tra la traccia e i brani che trovano posto in quel piccolo gioiello di “The Treasures Arcane”, arrivando perfino all’uso dell’italiano. Se, da un lato, possiamo apprezzare la citazione e la capacità dei Levania di scrivere un pezzo simile, dall’altro non possiamo che rilevare come sia molto sottile il confine tra citazione e scopiazzatura. Inoltre non si può fare a meno di notare come (non solo su questa singola canzone) i suoni siano praticamente identici a quelli di una produzione del 1997 e questo, con tutta la buona volontà, non può certo essere un pregio. In particolare a far storcere il naso è la tastiera che, qui e là, suona come le vecchie Bontempi degli anni ’80.
I problemi di produzione, però, non si limitano a un solo strumento e riguardano anche il mixaggio e i volumi, spesso non ottimali, tanto da far sospettare che questo sia un disco autoprodotto dalla band e solo distribuito dall’etichetta.
Sotto il profilo compositivo, come si diceva, i sentimenti sono altalenanti. Da una parte l’apprezzamento per aver voluto sperimentare e osare, anche con brani dalla struttura non semplice e articolata. Dall’altra il non poter fare a meno di notare come molte canzoni sembrino quasi un patchwork di passaggi presi a prestito da gruppi diversi. Colpa dell’inesperienza, probabilmente (motivo per cui siamo più che portati a chiudere benevolmente un occhio), ma vogliamo sperare che già dal prossimo disco scelgano di puntare su soluzioni più personali e originali.
Per concludere i Levania sfornano un disco d’esordio che sembra animato da tanta, tantissima, buona volontà, ma che pecca sotto alcuni aspetti. Il primo, su cui si può parzialmente sorvolare, è chiaramente quello della mancanza di esperienza, che si evince da alcune scelte in fase di arrangiamento e alcuni passaggi che san di già sentito. Il secondo, decisamente più grave, è quello di una produzione che non supporta adeguatamente le composizioni, tanto da rendere addirittura “ridicoli” i passaggi di certi strumenti. La nostra speranza è che i Levania possano trovare la forza, o l’aiuto necessario, a produrre il loro prossimo album nella maniera che merita.
Tracklist:
01. Midnight of Silence
02. Eroica
03. Natural Motion
04. The Narrow Way of Juliette
05. Basteth’s kiss
06. Agharti 1
07. Agharti 2
08. Agharti 3
09. Carthago Nova
10. Sybil of Dark
Line-up:
Ligeia – voce
Still – tastiere, voce
Raven – chitarre e voce
Fade – basso
Gianz – batteria
Alex “Engash-Krul” Calvi