Recensione: Passiondale
Gradito ritorno quello degli olandesi God Dethroned, alfieri da circa un ventennio di un death metal di stampo europeo ampiamente contaminato, soprattutto nell’ultima decade, da ampie aperture ed inserti melodici che li hanno fatti fuoriuscire dalla massa, contraddistinguendoli come portatori di un proprio stile ben definito. Ma, come spesso accade, anche loro possiedono uno zoccolo duro di fan nostalgici di un sound, quello degli esordi, solitamente contraddistinto da una vena più aspra ed aggressiva, che magari non sono stati mai completamente soddisfatti dalle varie svolte o maturazioni stilistiche della band.
Questi stessi fan allora si saranno certamente fregati le mani alla notizia del ritorno, accanto al master mind assoluto Henri Sattler, del figliol prodigo Roel Sanders dietro le pelli, batterista che ha preso parte agli episodi più sanguinosi dell’epopea God Dethroned, quel The Grand Grimoire e quel Bloody Blasphemy che hanno preceduto la vera e propria melodicizzazione del sound (fin a quel momento solo accennata) e che sono riconosciuti oggi come due pietre miliari del death metal europeo: due album schiacciasassi che non davano spazio ai fronzoli e non lasciavano prigionieri.
Il nuovo disco è nato sotto i migliori auspici: da uno studio fatto dallo stesso Sattler e dal poi defezionario chitarrista Isaac Delahaye sulle vicende riguardanti una cittadina di nome Passchendaele, vicina al confine francese, e vicina al posto dove i due erano soliti andare a prendere da bere per diciamo favorire il processo creativo. Questo posto fu terribile teatro di guerra durante la sanguinosa Prima Guerra Mondiale, vide ben 900.000 morti tra le opposte fazioni e fu soprannominata Passiondale dagli Inglesi che ci combattevano e che non riuscivano a pronunciarla diversamente.
Da questa macabra ispirazione è nato un sentito concept album, intitolato appunto Passiondale, su quello storico conflitto, estendibile però a qualsiasi altro tipo di conflitto attualmente in atto nel pianeta.
La musica proposta dal combo si dimostra perfettamente all’altezza del gravoso impegno. Dopo una breve intro le carte sono già spiattellate in tavola con violenza inaudita: il dittico Under a Darkening Sky- No Man’s Land è il degno antipasto che ingolosirà i suddetti fan della prima ora, due mazzate sui denti impreziosite solo dalla melodia di certe soluzioni della nuova entrata axe-woman Susan Gerl, una sorpresa decisamente positiva.
Il platter prosegue bene o male sulla stessa lunghezza d’onda, spiattellando violenza e trasportando appieno in musica le orrende sensazioni di morte che si devono provare a stare in una trincea di inizio XX secolo sotto una pioggia incessante di proiettili, o a lanciare un assalto disperato strisciando nel fango e tra i cadaveri in putrefazione dei propri compagni.
Blast beat ed atmosfere di epica inevitabile distruzione fanno da fil rouge costante del percorso. Significative a questo proposito posso citare Poison Fog e No Survivors, brani che ospitano anche il riuscito ed isolato tentativo da parte di Henri Sattler di utilizzare la voce pulita, cavandosela con sufficiente ispirazione ed espressività; oppure la significativa title-track, che parte come una marcia militare e che prosegue con solennità da anthem fino al coinvolgente refrain “no escape from Passiondale”.
Si chiude col piacevole outro strumentale Artifacts of the Great War uno degli album più ispirati dei God Dethroned, che non mancherà di dare gusto ai fan vecchi e nuovi della band olandese e che, a mio parere, forse suggella il definitivo raggiungimento della più giusta amalgama tra le due anime artistiche del loro songwriting. Ottimo ritorno!
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
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Tracklist:
1. The Cross of Sacrifice 01:05
2. Under a Darkening Sky 03:59
3. No Man’s Land 03:14
4. Poison Fog 06:39
5. Drowning in Mud 03:44
6. Passiondale 04:05
7. No Survivors 03:51
8. Behind Enemy Lines 03:38
9. Fallen Empires 04:49
10. Artifacts of the Great War 02:57
Total playing time 38:01