Recensione: Pathosray
Pathosray è l’album omonimo con cui un quintetto italiano proveniente dal triveneto si presenta al pubblico dopo sette anni dalla sua nascita. È un album maturo, meditato e frutto di anni trascorsi a suonare assieme, dove creatività e originalità vanno di pari passo e punzecchieranno la curiosità di chi lo ascolta sulla storia di questo complesso. Ebbene, questo gruppo è vivo da diverso tempo, più precisamente dal 2000, anno di formazione degli N.D.E. da parte del batterista Ivan Moni Bidin, del cantante Marco Sandron e del chitarrista Luca Luison, proponendo un incontro tra Heavy metal, Progressive metal e Symphonic prog, con cui incidono nel 2001 il primo demo, Strange Kind Of Energies, che porta però sulla copertina un nuovo moniker scelto per quell’occasione: Pathosray.
Dopo alcuni anni passati a suonare assieme, la lineup si stabilisce con l’ingresso del bassista Fabio D’Amore e del tastierista Gianpaolo Rinaldi: entrambi partecipano nel 2006 all’incisione del secondo interessante demo del gruppo, Deathless Crescendo. Pochi mesi dopo, forte dei consensi ricevuti, la band ritorna in studio di registrazione per lavorare a Pathosray, il suo primo full-length, contenente i brani ri-registrati e riarrangiati estratti sia dal primo demo (Emerald City, Strange Kind Of Energy); sia dal secondo (Faded Crystal, Lines To Follow, Sorrow Never Dies, The Sad Game), arricchiti dall’introduzione Free Of Doubt e da due brani inediti, Scent Of Snow e In Salicis Umbra.
Pathosray mette in evidenza sin dalla sua suggestiva copertina il tema principale che pervade tutto l’album: il rapporto tra uomo e natura e l’impotenza del singolo al suo cospetto. In una gola illuminata da una luce violacea spettrale, dove la sfera che lo irradia non lascia intendere se si tratti di sole o luna, un uomo è chino a piangere quasi in preghiera il corpo di una donna adagiato supino dinnanzi a lui, in una sottile pozza d’acqua; sopra di loro, uccelli in volo; ai lati, ripide e appuntite pareti di roccia. Il disegno è realizzato da Mattias Norén, noto per le sue collaborazioni artistiche con numerosi gruppi, tra cui Andromeda, Arena, Ayreon, Circus Maximus, Derek Sherinian, Evergrey.
Il disco si apre con un’irruzione in scena di un pianoforte, solo, in una raffinata ma breve danza sui tasti intitolata Free Of Doubt che, per breve tempo intreccia tra loro fraseggi dal sapore classico e culla l’ascoltatore in un’atmosfera tanto surreale quanto inaspettata. L’effetto sorpresa ha la forma di un sussulto nel momento in cui tutti gli strumenti entrano improvvisamente in scena con l’inizio di Faded Crystals, uno dei brani di maggiore impatto del disco, rabbioso e sincopato come gli Zero Hour di The Tower Of Avarice, dove le note delicate del pianoforte giocano sul muro sonoro creato dagli altri strumenti. La voce, leggermente distorta nella parte iniziale, affronta con disinvoltura i cambi di atmosfera della canzone, alternando sfuriate rabbiose a parti più distese e rilassate.
I due brani successivi, Lines To Follow e Scend Of Snow, hanno in comune alcuni elementi che li avvicinano a gruppi come Evergrey e Sun Caged, sia per quanto riguarda le partiture più ricercate ed aggressive, come avviene ad esempio nell’introduzione della prima canzone; sia per quelle più melodiche. L’anima più dolce e riflessiva dei Pathosray emerge invece con Sorrow Never Dies, un brano lento, dove il cantato è sorretto da linee di tastiera e di chitarra particolarmente azzeccate su cui la voce, dolce, si ritaglia uno spazio districandosi i vari assoli strumentali.
The Sad Game, già presente nel demo Deathless Crescendo, contiene la versione più evoluta e stilisticamente parlando, più complicata dei Pathosray: la sua struttura elaborata e ricca di cambi di tempo e di scena, lo avvicina alle sonorità del brano di apertura del disco. Qui infatti appaiono nuovamente le forme sincopate e ossessive già notate in Faded Crystals su cui si alternano partiture più distese e ampie, arricchite da una presenza copiosa di linee di tastiere e da lunghi assoli strumentali. Dopo un breve intermezzo di pianoforte e voce, In Salici Umbra, dall’effetto effetto distensivo, l’album si chiude con i due brani più vecchi prodotti dal gruppo, entrambi presenti nel demo Strange Kind Of Energies, Strange Kind Of Energy ed Emerald City, che mostrano come sin dagli inizi il quintetto avesse già una personalità marcata nelle sue composizioni. I Pathosray sono questo: originalità e gusto compositivo, e questa è una cosa che fa sempre piacere trovare all’interno di un album, soprattutto se è presente in ogni singola sua traccia.
Silvia “VentoGrigio” Graziola
Tracklist:
1. Free Of Doubt
2. Faded Crystals
3. Lines To Follow
4. Scent Of Snow
5. Sorrow Never Dies
6. The Sad Game
7. In Salicis Umbra
8. Strange Kind Of Energy
9. Emerald City
Formazione:
Ivan Moni Bidin: Batteria
Fabio D’Amore: Basso
Marco Sandron: Voce
Gianpaolo Rinaldi: Tastiere
Luca Luison: Chitarra
Alessandro Seravalle: Growls e Screams in The Sad Game