Recensione: Pay for Pain! [EP]
Con l’EP “Pay for Pain!” i vercellesi Dry Food For Dogs bissano il precedente lavoro, il debut-album “Eat to be Eaten”, uscito nel 2014. Sempre rigorosamente autoprodotto. Circostanza ovvia, per chi naviga coraggiosamente nei marosi oscuri dell’underground. Flutti affollati, nei quali non è per nulla semplice emergere per farsi notare da qualcuno. Sempre che, altrettanto ovviamente, lo si voglia. I vasti sotterranei, difatti, regalano nel buio una liberà di azione sconfinata, che non può essere ingabbiata da nessuno.
Non si sa se questo sia il caso dei Nostri, ma a ben ascoltare “Pay for Pain!” la sensazione che si prova è di assoluta genuinità, di completo piacere nel suonare ciò che si vuole suonare. Nella fattispecie grindcore. Non quello vecchia scuola, però, tipo Napalm Death et similia, quanto, piuttosto, una versione assai più moderna, perfettamente in linea con le più avanzate sonorità nel campo del metallo oltranzista. Parecchio vicina alle forme del death metal, conseguentemente, ma sempre e comunque abbastanza arrabbiata da rompere la schiena a chiunque.
Grindcore, sempre grindcore, dunque.
Molto, molto aggressivo, duro, violento. Che schiuma rabbia, che rivolta in musica uno spirito anticonvenzionale e nichilista, che intende farsi notare per il massimo degli attacchi fonici possibile. Sin dall’opener-track ‘Daily Massacre’, con il suo travolgente riff roteante, i Dry Food For Dogs non lasciano scampo all’apparato uditivo, fra lo screaming/growling alternato/sovrapposto delle linee vocali, il muro di suono innalzato dalle chitarre e l’indomita spinta della sezione ritmica. Pur essendo un prodotto artigianale, “Pay for Pain!” ha un suono più che buono. Possente ma pulito, veemente ma limpido. Equilibrato. Ove tutto ciò che emette note si può distinguere con chiarezza, anche quando si entra nel territorio, ricco di pericoli, dei blast-beats (‘Screaming Neighbour’).
Le song, peraltro, sono piuttosto articolate, movimentate, ricche di repentine accelerazioni e improvvisi rallentamenti. Il che esige un’adeguata tecnica strumentale, che certamente non manca al quintetto piemontese. In grado, quindi, di trovarsi a proprio agio sia nelle parti più cadenzate (si fa per dire – ‘Cannon Fodder’), sia in quelle iper-cinetiche (‘Pay for Pain’), nel costante rispetto di uno stile che pare essere ormai maturo. Identificativo, cioè, di un marchio di fabbrica proprio.
“Pay for Pain!” mostra che i Dry Food For Dogs meritano una chance per esprimere la loro arte in maniera professionale. A patto, naturalmente, di perdere nemmeno un grammo di accanimento.
Daniele D’Adamo