Recensione: Pedal to the Metal

Di Matteo Lavazza - 11 Aprile 2005 - 0:00
Pedal to the Metal
Band: Impellitteri
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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80

Nuovo album per il guitar hero americano Chris Impellitteri, che tra alti e bassi porta avanti la sua carriera solista da ormai una quindicina d’anni.
La novità è rappresentata dal nuovo cantante Curtis Skeleton, che ha il non facile compito di sostituire Graham Bonnet,che cantava nel precedente “System X”, sostituzione che a mio parere ha addirittura giovato al gruppo, come dimostra l’iniziale “The Iceman Cometh”, vera e propria legnata in puro U.S. Power Metal style, che mi ha ricordato in più di un occasione certe cose degli storici Metal Church, grazie anche alla voce aggressiva di Skeleton.
La seguente “The Kingdome of Tituts (Tribute)” è invece improntata ad un Power Metal più allegro ed europeo, e risulta a mio parere meno efficace, ma è proprio su questa alternanza che si basa un po’ tutto il lavoro.
Sul fronte più aggressivo ci sono canzoni come “Dance with the Devil”, aperta da arpeggi che creano un atmosfera piuttosto cupa, per poi esplodere in riff e cambi di tempo davvero molto ben studiati, il tutto reso ancora migliore dagli inserti solisti sempre di altissimo livello della chitarra di Chris, “Hurricane”, un mid tempo roccioso che si alterna a parti più lente ma di certo non meno coinvolgenti, bellissimo soprattutto il ritornello, cattivo e  melodico allo stesso tempo, “Crushing Days”, aperta da un riff ai limiti del Thrash e da una strifa che segue a ruota l’input del riff iniziale, peccato che il ritornello troppo allegro vada in qualche modo a rendere meno efficace la resa complessiva di un pezzo che, altrimenti, sarebbe stato davvero splendido, “Propaganda Mind”, altro brano dal flavour iniziale piuttosto oscuro, mentre il resto del brano si sviluppa su canovacci che ricordano parecchio i Savatage, pur senza mai scadere nel plagio, ma con la giusta dose di personalità.
Dal lato del Power più europeo ed “allegro” trovano posto pezzi come “Destruction”, forse non proprio allegra come atmosfera, ma di sicuro lontana dagli standard di cattiveria che contraddistinguono altri brani presenti, buone comunque le melodie così come gli arrangiamenti, “Judgement Days”,che dopo un buon riff iniziale, cattivo e potente al punto giusto, lascia spazio ad un up tempo in cui la tastiera è molto presente, forse anche troppo a mio parere, e dominato da melodie vocali sicuramente molto orecchiabili e ben studiate, ma anche piuttosto banali, e la conclusiva “The Writing on the Wall”, altro brano che si sviluppa su ritmi molto veloci, pur con qualche buon cambio di ritmo, ma dal mio punto di vista rimane piuttosto banale e scontato.
Un capitolo a parte lo merita “Punk”, una canzone davvero difficilmente inquadrabile con arrangiamenti tanto particolari quando riusciti, e con Curtis Skeleton davvero bravo ad interpretare in maniera sicuramente molto strana tutto il brano, che riesce così a convincere e stupire.
I suoni mi sono sembrati forse troppo puliti per le canzoni che ha scritto Impellitteri per questo album, qualche spigolo in più avrebbe a mio parere giovato alla resa complessiva.
Tecnicamente credo ci sia poco da dire, la perizia di Chris alla chitarra è ormai un fatto consolidato, così come tutta la band si dimostra a livelli altissimi, anche se, come ho già scritto, la nota di merito spetta di diritto al cantante Curtis Skeleton, dotato di un ottima voce, ma soprattutto bravo ad interpretare i pezzi.
In conclusione posso dire che Impellitteri ha sfornato un disco davvero molto godibile, peccato solo per qualche caduta di tono, se avesse tenuto il songwriting tutto sui canoni più aggressivi espressi da certi brani avrei parlato quasi di un capolavoro, così è “solo” un ottimo disco.

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