Recensione: Pepper’s Ghost
“Contagion” è stato un successone. Non solo ha rappresentato l’apice creativo per gli Arena superando il formidabile The Visitor, ma ha letteralmente marchiato a fuoco l’anno progressivo 2003 rientrando tra le preferenze di una folta schiera di appassionati. Ad esso sono seguiti ben due singoli. Due tasselli che andavano a integrare un concept già di per sé ricco, a testimonianza della rigogliosa vena compositiva cha ha animato le sessions dell’album. Ancora un CD di pregevole fattura, questa volta doppio e dal vivo, a suggellare il fulgido stato di grazia ed ecco che un album nuovo di zecca del quintetto inglese fa bella mostra di sé – è proprio il caso di dirlo vista la vivace cover fumettistica – nei negozi di dischi. Sottotitolo “7 Stories Of Mistery & Imagination” per un atipico concept composto da musica, parole e… fumetti! Il curatissimo ecol-book (in edizione limitata) alterna infatti i testi delle songs a coloratissime strips, disegnate magistralmente da Tim Bisley, in cui protagonisti sono gli stessi membri della band.
All’entusiasmo suscitato dall’artwork segue quello per la musica di Clive Nolan e compagni, ma con qualche riserva. Forti di una line up ormai stabile i cinque dimostrano di lavorare a regime come un motore perfettamente oliato. Tutto suona alla perfezione, magnificamente, senza la minima sbavatura, ma abbiamo l’impressione che “Pepper’s Ghost” sia un lavoro leggermente meno ispirato di Contagion: “Smoke And Mirrors”, ad esempio, è un brano piuttosto piatto e insignificante, mentre “The Shattered Rooms” suona come una foto sbiadita di Contagion sino all’esaltante finale che ne risolleva le sorti. Vero, non ci si può sempre ripetere su livelli eccelsi, ma se Contagion era piaciuto per la varietà delle soluzioni stilistiche adottate, oltre che per l’elevatissima qualità delle composizioni, Pepper’s Ghost denota un certo appiattimento su quelle sonorità heavy che, inserite a piccole dosi, hanno contribuito al recente successo della band. Questa considerazione ci fa pensare che la scelta della band sia dettata più dalla voglia di ampliare il proprio bacino di utenza che da una sincera vocazione heavy. Il risultato è che, complice l’apporto in fase produttiva di Karl Groom, gli Arena suonino spesso come i Threshold, il che non credo giovi a una formazione che album dopo album si è costruita una personalità invidiabile.
Detto questo va anche dato a Cesare quel che è di Cesare. Pur inferiore al suo scomodo predecessore, “Pepper’s Ghost” resta un lavoro pregevole, prodotto e suonato in modo impeccabile, nonché in grado emozionare a più riprese, ascolto dopo ascolto. Almeno questa rarissima dote gli Arena non l’hanno persa per strada, e tanto basta per rendere un album apprezzabile al di là di ogni altra speculazione. Allora è facile perdersi tra le note sognanti e avvolgenti delle tastiere di Nolan o lasciarsi trasportare dal vigoroso guitar work di John Mitchell, senz’altro più libero di esprimersi in questo contesto. Anche Rob Swoden, spesso criticato per la sua incapacità (vera o presunta) di variare registro, offre una serie di interpretazioni in grado di esprimere l’umore delle composizioni e, perché no, di impreziosirle con discreta personalità: il classico prog à la Arena di the “The Eyes Of Lara Moon” o l’evovativa “Tantalus” ne sono la prova. Il pezzo più significativo dell’album rimane però “Opera Fanatica”. Tredici minuti tutti da scoprire interamente concepiti dalla fervida immaginazione di Clive Nolan.
Quindi vale assolutamente la pena di seguire quest’ultima evoluzione dei progsters inglesi – ormai ex eredi dei Marillion, perché della vecchia band di Mick Pointer oggi questi Arena hanno ben poco – ma l’ennesimo appuntamento con il capolavoro è rimandato.
Tracklist:
01. Bedlam Fayre
02. Smoke And Mirrors
03. The Shattered Room
04. The Eyes Of Lara Moon
05. Tantalus
06. Purgatory Road
07. Opera Fanatica