Recensione: Per… Un Mondo Di Cristallo
In una macchia di tempo sconosciuta e in una zona non precisata una navicella spaziale fa il suo ritorno sulla terra dopo un lungo periodo di assenza e si ritrova dinnanzi i resti della fine dell’umanità; non rimane altro a coloro che vi escono di interrogarsi sui motivi dell’estinzione della razza umana. Questo è lo scenario iniziale con cui si apre Per… Un Mondo Di Cristallo, il primo e unico album dei romani Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, un interessante concept di rock progressivo italiano datato 1972 dalle sonorità molto ricercate e ricche di inserti jazz.
L’incipit dell’album è una breve introduzione intitolata Nulla che, come il nulla, emerge dal silenzio a poco a poco, e lo fa usando linee di organo e suoni di flauti che si mischiano a quelli delle chitarre acustiche arpeggiate, in un’atmosfera quasi distesa che crea un grande stacco con l’inizio del secondo brano. La seconda traccia del disco porta il titolo di Su Una Rupe ed è un cambiamento improvviso, fatto da suoni spigolosi, scarni e sincopati, dove linee di pianoforte e di chitarre si intrecciano e ripetono all’unisono fraseggi ossessivi, dove batterie e timpani cadenzati e all’unisono accompagnano in modo ossessivo da strumenti a corda pizzicata dal sapore esotico, su cui iniziano le linee di cantato di Luciano Regoli. Il brano è un continuo inseguirsi di scene musicali diverse tra loro, che fanno a pugni l’una con l’altra dove l’una lenta e distesa scaccia l’altra sincopata e rabbiosa, dove spesso fanno capolino diversi strumenti come un clavicembalo e talvolta alcuni passaggi ricordano lo stile dei Museo Rosenbach.
Il testo di Su Una Rupe è anche il punto di partenza del concept ed è una critica distaccata nei confronti del genere umano da parte di colui che ha avuto il privilegio di starne lontano per un po’ di tempo e, trovandolo sul punto di morte, lo osserva da un punto di vista distaccato, rappresentato simbolicamente da una rupe, e tenta comprendere i motivi che l’hanno portato alla rovina. Le parole sono semplici e di immediato impatto e nella loro viva critica (“Uomini, uomini,/masse di corpi che muovono/ un astro freddo da secoli,/ scaldato dal loro odio./ Uomini, uomini,/ perché non saliste la rupe/ a guardare che cosa eravate,/ avreste pensato di più.”).
Il brano successivo è Il Mondo Cade (Su Di Me) ed è ricco di percussione, di flauti e di strumenti a corda pizzicata, prima che il proseguo della canzone porti in scena una struttura ritmica sincopata su cui si snodano le linee di cantato, interrotte da improvvisi cali di silenzio dove emerge il suono di un violoncello. La seconda metà della canzone è interamente strumentale ed è un elaborato intreccio di strumenti che si legano e si mischiano con vocalizzi quasi spettrali in sottofondo; l’atmosfera è tesa e ossessiva, nonché ripetuta in modo quasi snervante, in un tappeto strumentale e impassibile, che si termina per brevi istanti e lasciare la scena a brevi fraseggi di chitarra elettrica, per poi morire lentamente riprendendo il tema iniziale. Le abilità artistiche del gruppo emergono in modo particolare anche in brani come Nel Mio Quartiere, una traccia strumentale che rende particolarmente evidente l’influenza che la musica Jazz esercita sull’ispirazione dei Raccomandata con Ricevuta di Ritorno. Qui un pianoforte e un sax tenore si contendono la scena e duettano, mostrando un gusto compositivo e capacità tecniche del gruppo non indifferenti, ricordando in alcuni punti le sfuriate strumentali dei King Crimson del disco di esordio.
È ora il momento di L’ombra, una canzone dai ritmi incalzanti e numerose linee strumentali che si intrecciano tra loro nel migliore dei modi, dove protagonista della scena è un arpeggio di pianoforte, di hammond e di chitarra ripetuto all’unisono su cui si destreggia la voce, interrotta da intermezzi strumentali in cui fanno capolino chitarre classiche, flauti, organi hammond. L’atmosfera generale, prima incalzante e poi più distesa sembra rappresentare al meglio il protagonista del testo, ovvero le ombre che avanzano minacciose all’orizzonte per poi portare via con sé quel che è rimasto, compresa l’esistenza dell’uomo.
Un Palco Di Marionette è la penultima canzone dell’album dove protagonisti sono ancora pianoforte, flauti e chitarre classiche, dall’atmosfera distesa e gradevole da ascoltare, su si distingue nettamente la voce, che snocciola le parole di un testo che critica ancora una volta il comportamento stupido degli uomini, assimilandoli a marionette che piccoli imprevisti possono portarli alla pazzia (“Se uno strappo cruento,/ faceva alzare una mano,/ la guerra per noi./ L’uomo impazziva,/ l’uomo impazziva.”). La seconda parte della canzone esibisce una bella parte strumentale dove intervengono diversi strumenti e caratterizzata di diversi cambi di scena che ricordano le atmosfere incalzanti de L’Ombra. Per…Un Mondo Di Cristallo si chiude con Sogni Di Cristallo, un brano dall’atmosfera allegra, ricco di flauti e di chitarre acustiche, in cui compaiono anche degli archi e delle linee di pianoforte che rendono il brano particolarmente gradevole, con i cambi di atmosfera finali su cui vengono cantate le ultime strofe che ricordano quasi un brano space rock.
Impossessarsi di una copia in vinile di Per…un mondo di cristallo è impresa difficile ma non impossibile: la prima stampa del vinile risale al 1972 sotto l’etichetta Fonit Cetra (LPX 15) ed è stata successivamente ristampata dalla Vinyl Magic nel 1991 (LPP 433). Per quanto riguarda la versione su cd, la prima stampa risale al 1989, sempre da parte della Fonit Cetra (CDM 2026); la prima ristampa è a opera della Warner/Fonit pochi anni dopo (28186-2), mentre la seconda più ristampa è del 2006 ed è della BTF/Vinyl Magic (VMCD 117).
Silvia “VentoGrigio” Graziola
Tracklist:
1. Nulla (1:04)
2. Su Una Rupe (5:13)
3. Il Mondo Cade (Su Di Me) (6:47)
4. Nel Mio Quartiere (3:52)
5. L’Ombra (3:37)
6. Un Palco Di Marionette (10:05)
7. Sogni Di Cristallo (6:33)
Formazione:
Luciano Regoli: voce, chitarra acustica
Nanni Civitenga: chitarra
Stefano Piermarioli: tastiere
Damaso Grassi: flauto, sax
Manlio Zacchia: basso
Francesco Froggio Francica: batteria, percussioni