Recensione: Perpetual Chaos
Amanti del Metallo, gioite: le Nervosa son tornate! Ebbene sì, signore e signori: dopo un anno difficile come il 2020 – che, per limitarsi all’aspetto musicale relativo al combo brasiliano, aveva visto due terzi del gruppo prendere e andarsene – non sarebbe stato così strano scommettere sulla fine della compagine rosa di Sao Paulo. E invece… invece la signorina Prika Amaral, unico membro fondatore rimasto, si è rimboccata le maniche e, dopo aver tirato fuori dal cilindro tre assi al termine di una sessione di provini, la nuova formazione delle Nervosa, ora divenute un quartetto internazionale (Brasile/Spagna/Italia/Grecia), si presenta al mondo con “Perpetual Chaos”, una sassaiola di tre quarti d’ora scarsi in uscita il 22 di questo mese.
Era da un po’ di tempo che mi ripromettevo di ascoltare qualcosa delle Nervosa, ma nonostante le recensioni entusiastiche dei precedenti lavori delle esplosive brasiliane mi sono fatto avanti solo oggi. Sento già molti di voi riecheggiare il “Male, per Dio!” del compianto Ugo Bologna, e in effetti avreste solo ragione. Eh sì, perché le nostre balde signorine hanno dato vita a un album drittissimo, furibondo e guerrafondaio. La formula è sempre la stessa (sì, lo ammetto, mentre preparavo questa recensione ho dato un’ascoltata ai loro precedenti lavori per fare qualche paragone col passato): un thrash metal potente e diretto, sporcato di death quel tanto che basta per dare una maggiore compattezza al tutto ma senza perdere in agilità. In più di un’occasione si distinguono i fantasmi di Slayer e Destruction, principali numi tutelari del combo, aleggiare sulle composizioni del quartetto (Schmier è anche ospite dietro al microfono in “Genocidal Command”), ma è innegabile che questo “Perpetual Chaos” sia un lavoro 100% Nervosa. Ognuna delle gentil donzelle, infatti, ce la mette tutta per creare un vortice sonoro frenetico, massiccio e feroce, e non posso che confermare come l’obiettivo sia stato centrato in pieno. Le chitarre macinano un riff sopra l’altro, instancabili, inesorabili, implacabili, mescolando rabbia e un senso di urgenza tesa e impaziente, sostenute dal lavoro incredibile di una batteria imperiosa e belligerante, che pretende (giustamente, aggiungo io) il centro dell’attenzione in più di un frangente e dona una perentoria dinamicità ai pezzi grazie a fendenti secchi, precisi e arroganti. Il basso, sebbene risulti di gran lunga lo strumento più sacrificato nel bilanciamento finale per via di una produzione forse troppo pastosa, si applica con abnegazione (quando si sente) per creare ondate sonore sempre veementi. A sovrastare il tutto una voce furente che ruggisce per tutta la durata del disco, dispensando cattiveria a manciate col suo scream lacerante e maligno punteggiato di growl.
Tredici tracce per quarantaquattro minuti e trenta secondi, durante i quali non c’è un momento di pausa: le tracce di questo “Perpetual Chaos” si mantengono tutte sotto i quattro minuti, tenendo i giri del motore quasi sempre sostenuti, vorticanti e irosi. Anche quando le velocità si abbassano per indulgere in quello che potrebbe sembrare un mid tempo di quelli pesanti o in una traccia dall’incedere oscuro e sinistro (mi vengono in mente, ad esempio, il sound imbastardito vicino al death di “Blood Eagle” o l’incipit della conclusiva “Under Ruins”) si tratta quasi sempre di un fuoco di paglia, perché una nuova accelerazione ristabilisce l’ordine naturale delle cose, ripristinando le consuete bastonate. Ciò nonostante, durante l’ascolto è comunque possibile riscontrare alcune differenze nella proposta del quartetto: pur rimanendo entro i confini del thrash metal, infatti, le nostre evitano molto bene le insidie di un’eccessiva monotonia ritmica e non si fanno mancare la possibilità di infondere, alla scaletta di “Perpetual Chaos”, una certa varietà. Ecco che si passa, quindi, dal cieco martellamento della già citata “Under Ruins” o dell’opener “Venomous”, all’andamento Motörhead-iano di “Rebel Soul” (in cui compare il vocione pulito di Eric Knutson dei Flotsam & Jetsam a far da contrappunto ai ruggiti di Diva Satanica) o quello della title track, in cui compare una certa ricerca di groove, per finire con il retrogusto da punk sotto anfetamine di “Time to Fight” o l’incombenza minacciosa velata di epicità di “Kings of Domination”.
Se dovessi cercare il proverbiale pelo nell’uovo potrei dire che, oltre all’inabissamento del suono del basso, un paio di episodi non perfettamente a fuoco ci sono (“People of the Abyss” e la già citata “Genocidal Command”, ad esempio, non mi hanno fatto sempre impazzire, alternando a mio avviso momenti belli agguerriti ad altri un po’ scolastici) ma a questo punto sarei anche moralmente obbligato a far notare che si tratta di peccatucci di secondo piano, assolutamente trascurabili davanti a un risultato complessivo di questo calibro. Tirando le somme, non posso far altro che definire “Perpetual Chaos” un gran bell’album, immediato, teso e feroce, che si pone come ottimo tassello per la discografia del gruppo femminile e ne conferma la fame anche in questa veste internazionale nuova fiammante. Non credo ci sia molto altro da dire, se non che questo 2021 pare iniziare proprio col botto.