Recensione: Perpetual Decay 233
I Laeta Mors nascono quasi per gioco per l’iniziativa di tre componenti dei Darklight: Luca (chitarre), Massimo (tastiere) e Diego (ora ex-bassista). In questo caso mentre Diego e Luca restano fedeli ai propri strumenti, Massimo si scopre anche cantante e programmatore della batteria elettronica.
Il progetto Laeta Mors era nato come si diceva quasi come un “divertissement”, ma la cosa ha poco a poco preso piede e così, nonostante la mancanza di un batterista, il gruppo è giunto alla decisione di incidere il demo che ho ora tra le mani.
Il genere proposto dal trio viene etichettato dai musicisti come “black”, in realtà si tratta di un ibrido decisamente malato e violento tra black, death, brutal e thrash. Se l’impianto basilare è infatti riconducibile al black più veloce e violento di dischi come “Panzer Division Marduk”, troviamo spesso anche un uso delle chitarre e delle ritmiche di gusto molto thrash ottantiano.
La durata delle composizioni rimane sempre decisamente ridotta, quella più lunga infatti risulta essere “Lighthouse Keeper” con i suoi tre minuti e nove secondi, tutte le altre restano più intorno ai due minuti che ai tre. Canzoni cortissime quindi e al contempo velocissime, violentissime e in più di un caso decisamente devastanti.
Eppure pur nella loro brevità queste song riescono a presentare ognuna una propria personalità e, cosa forse difficile da credere, anche un song-writing piuttosto maturo che non disdegna i cambi di tempo e passaggi di vario genere che vanno da un raro uso delle tastiere a brevissimi accompagnamenti sinfonici.
Dal punto di vista delle critiche devo ammettere che la produzione sicuramente non di primo livello ha forse giovato al sound veramente grezzo della band donandole maggiore spessore. Purtroppo l’assenza di un vero batterista al contrario si fa pesantemente sentire. Il lavoro di drum-programming si Massimo devo ammettere che fa spesso dimenticare di avere a che fare con una batteria suonata dal computer, risultando sempre molto vario e ispirato. I suoni però, soprattutto nei passaggi in doppia cassa, risultano tanto finti da dare anche un po’ fastidio.
Per concludere si tratta di un demo che soprattutto sulla base dei limitatissimi mezzi con cui è stato realizzato, mi ha veramente sorpreso. Pur considerando come questo gruppo sia nato quasi per gioco, non posso esimermi dall’evidenziare le cose buone, se non ottimo, che è riuscito a fare con così poco. Chi cerca violenza, aggressività, potenza e anche un pizzico di originalità a mio avviso può rivolgersi a questi ragazzi senza nessun timore.
Tracklist:
01 Land of Suffering
02 My Life is your Defeat
03 Unnatural Regression
04 Ghosts of Mind
05 Perpetual Decay 233
06 Lighthouse Keeper
07 Murder
08 Eternal Death
Alex “Engash-Krul” Calvi